Ad agosto i mercati azionari hanno chiuso praticamente invariati. I dati ci descrivono mercati nei quali gli operatori hanno marginalmente ridotto l’esposizione al rischio. Si tratta tuttavia di movimenti marginali e con una volatilità modesta. Gli eventi politici di agosto non modificano lo scenario che rimane quello di un lieve aumento della volatilità e rendimenti negativi sulla liquidità. Alberto Zorzi di Arca Fondi SGR fa il punto della situazione.
Dopo qualche saliscendi, mercati praticamente invariati. Solo i mercati emergenti hanno fatto discretamente bene, con un +2,1%. America +0,3%; Europa al palo; il mondo nel complesso un risicato +0,2%. I medesimi mercati emergenti, favoriti dalla debolezza del dollaro, sono gli unici con una doppia cifra superiore al 20% nell’anno in corso.
Positiva anche la performance degli indici obbligazionari, grazie ad una sensibile discesa dei rendimenti sulla parte a lungo termine della curva dei paesi core. Anche qui i mercati emergenti fanno la parte del leone; il guadagno annuale sfiora il 10%.
Nei mercati valutari, continua la fase di debolezza del dollaro, che da inizio anno ha perso l’11,3%. Sul biglietto verde pesano le difficoltà della nuova amministrazione nel consolidare la squadra di governo. Di conseguenza, anche nel portare avanti il proprio programma.
Questi dati mostrano un mercato in salute, ma dove gli operatori hanno ridotto marginalmente l’esposizione al rischio. Sono stati alleggeriti azionario ed obbligazionario a spread. Ne hanno beneficiato i titoli governativi dei paesi più virtuosi. Sono tuttavia movimenti marginali e con modesta volatilità.
L’attenta lettura delle minute delle riunione della BCE e della FED evidenzia alcune cose. Se ne deduce, senza che la cosa sia sorprendente, la mancanza di fretta nel normalizzare le politiche monetarie. Permane quindi un atteggiamento prudenziale, più volte rimarcato.
Lo scenario globale è di crescita non sostenuta, ma consolidante. Ciò permette di maneggiare in relativa sicurezza gli asset rischiosi. E’ comunque vero che, dopo una lunga cavalcata, il margine di apprezzamento ulteriore appare ridotto. Al tempo stesso, investire in attività non rischiose comporta una lenta ed inesorabile erosione del patrimonio.
Come esempio, prendiamo un investitore in BTP, siano essi italiani o dell’Eurozona. Chi avesse parcheggiato lì tutti o parte dei propri soldi all’inizio del 2015 avrebbe visto ridursi il proprio capitale.
Sarà lo stesso per i mesi a venire; a settembre la FED probabilmente confermerà quanto già accennato sulla normalizzazione del bilancio. Ad ottobre la BCE dovrebbe annunciare una riduzione dei propri acquisti di sostegno all’economia continentale.
Non fanno cambiare opinione le gravi questioni geopolitiche accadute in agosto. In ogni caso, un’escalation militare avrebbe effetti devastanti. A dispetto del rilievo mediatico, che ci sia una guerra tra Corea del Nord e Stati Uniti è molto poco probabile.
Ciò che potrebbe impattare negativamente sui mercati è un aumento inaspettato e sostenuto dell’inflazione. Il tutto genererebbe un forte aumento dei rendimenti a lungo termine, e porterebbe ad una rivalutazione (riprezzamento) di tutte le attività rischiose, ovviamente facendone scendere il prezzo.
Tuttavia, anche questa eventualità è ben lontana. Sia i dati statistici che le previsioni sulle attività finanziarie dicono che siamo ben lontani da questa eventualità.
In Eurozona, inoltre, il rafforzamento dell’euro mitiga ulteriormente le prospettive di un aumento dei prezzi al consumo.
Lo scenario, quindi, non cambia. Bisognerà accettare un po’ più di volatilità in cambio di rendimenti modesti. L’alternativa è la liquidità, cioè una perdita certamente contenuta, ma altrettanto certamente sicura.
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