Estratto della videochat del 24 maggio con Luigi Dompè, Davide Gatti e Miriam Berizzi. Gli argomenti di questo webinar saranno Trump e cosa sta succedendo negli USA, lo straordinario successo dei PIR, e la situazione dei mercati azionari in Italia.
L’origine di tutti i mali, per Trump, è stato il fallimento dell’abrogazione della riforma sanitaria di Obama. Questo è dipeso, in primis, dalle profonde divisioni ideologiche all’interno del partito repubblicano. Trump ha subito una dura sconfitta, ha perso capitale politico ed il suo consenso è crollato. Aveva bisogno di recuperare consensi, e negli States sganciare qualche bomba fa sempre recuperare appeal. L’ha fatto, ma serviva qualcosa di più strutturale. Serviva una vittoria sull’altro tema cardine, cioè la riforma fiscale.
La necessità di evitare nuove divisioni ha aumentato il fatto che i punti più controversi e rivoluzionari della riforma (imposizione territoriale) siano stati tralasciati. Inoltre, anche i tempi sono sembrati slittare. Dato tutto ciò, gli investitori hanno cominciato a prezzare una riforma fiscale quantomeno depotenziata. Alla fine di aprile, date le linee guida mostrate per la discussione al Congresso, il giudizio è al momento sospeso. Al di là degli annunci sensazionalistici, manca qualunque tipo di dettaglio. Per esempio, mancano i limiti dei nuovi scaglioni di reddito dopo la proposta riduzione delle aliquote da sette a tre.
La mancanza di dettagli e lo slittamento nel tempo della riforma hanno portato gli investitori a ridimensionare in modo molto significativo le attese di stimolo alla crescita.
Ultima tegola sul Presidente Trump, il cosiddetto Russiagate. Il quadro è di difficile lettura. L’unica cosa certa è che diverse commissioni sono al lavoro in Congresso per valutare i presunti rapporti tra l’Amministrazione Trump e la Russia. Non si sa quali possano essere le conseguenze per il Presidente. Certo è che i tempi saranno molto lunghi e l’impeachment è un processo politico prima che istituzionale; quindi sarebbe un atto discrezionale della Camera.
Lo spostamento dell’attenzione politica dalle questioni economico-fiscali al Russiagate porterà ad un ulteriore slittamento dell’agenda legislativa.
Importante notare che l’iniziale reazione di risk-off alle questioni sopra accennate è stata interamente riassorbita. Questo a conferma che gli investitori avessero perso ogni speranza sul fatto che l’Amministrazione Trump potesse raggiungere i suoi obiettivi. Addirittura, gli investitori potrebbero essere troppo pessimisti. Perché? A novembre 2018 ci sono le midterm elections, che vedono la rielezione di una parte del Congresso. Ad oggi, sembra che i repubblicani possano perdere il controllo della Camera. I repubblicani faranno l’impossibile perché ciò non avvenga. E’ quindi probabile che le diverse anime del partito cerchino e trovino il modo di veicolare qualche provvedimento che permetta alla crescita americana di continuare, e di conseguenza possa farlo anche quella globale.
L’Italia non può essere analizzata indipendentemente dall’Eurozona. L’outlook, da diversi trimestri, è favorevole all’Eurozona. Abbiamo avuto, recentemente, una conferma del miglioramento della crescita economica. C’è anche un miglioramento costante degli utili delle aziende quotate. Non da ultimo, il rischio politico percepito dell’Eurozona è fortemente diminuito. Questo, ovviamente, dopo l’elezione dell’europeista Macron in Francia.
Conseguentemente alla positività sull’Eurozona, c’è anche quella sull’Italia. Quest’ultima, negli anni passati, ha performato peggio dei competitors europei. La principale causa è stata, ovviamente, la situazione bancaria critica. Il fondo salvabanche, istituito a dicembre, ha tolto dal mercato questo rischio sistemico. Anche la situazione del Monte dei Paschi sembra in fase di risoluzione con la UE. Rimane aperta la questione delle banche venete, ovviamente. L’importante è che all’orizzonte non vi siano altri problemi critici da risolvere. Nel 2017, infatti, la performance delle banche italiane è in linea col settore finanziario europeo.
Anima è stata la prima a proporre un prodotto PIR. Si crede fortemente in questo strumento, che dà la possibilità ai risparmiatori di investire sulle imprese italiane. C’è l’ovvio vantaggio, per il rispamiatore, del beneficio fiscale, previsto dalla legge. Si ottengono, così, due evidenti vantaggi.
In primo luogo, si consente al risparmiatore di investire sul mondo delle PMI, che sono la spina dorsale del sistema Italia, e le nostre eccellenze. Ciò faciliterà anche la quotazione e l’accesso al mercato di tante aziende, e sarà un fattore di crescita nei prossimi anni.
In secondo luogo, il beneficio fiscale, ottenuto mantenendo l’investimento per almeno 5 anni, consente ai risparmiatori di ragionare in una logica di lungo periodo. Molto spesso, infatti, il principale errore è quello di rimanere investiti troppo poco. La logica mordi e fuggi, infatti, non paga. I PIR, per come sono costruiti, ottengono il massimo del beneficio nel medio lungo-periodo. Il Governo ha quindi inteso passare un messaggio molto importante; tenere investiti i propri risparmi su prodotti che diano una crescita, e nel lungo periodo.
Anima è partita prima con un prodotto, cioè Anima Crescita Italia, un obbligazionario bilanciato. il 21% minimo deve essere investito in azioni small e mid cap. Successivamente è stato proposto Anima Iniziativa Italia, che è stato reso “PIR compliant”.
La normativa PIR ha chiaramente aumentato la liquidità su questo segmento, che era limitata. I flussi sono più che raddoppiati. Da inizio anno ha performato molto bene, visto che i flussi in arrivo hanno determinato acquisti. La performance è stata positiva per un 25-30%. I multipli P/E delle aziende quotate sono passate da 16 ad inizio anno a poco più di 20 adesso. L’apprezzamento è quindi dovuto più ad un rerating dei multipli che ad una loro reale crescita. In questo modo, le PMI italiane hanno colmato il gap che avevano con le competitor europee. Per chi investe su questo mercato, la selettività delle scelte è fondamentale.
Il successo dei PIR, a livello commerciale, è andato al di là di ogni aspettativa. Le aspettative di raccolta, per tutto l’anno, erano 1,7 miliardi; siamo vicini a previsioni di raccolta di 10 miliardi. In prima battuta, la liquidità si è riversata sulle aziende già liquide, più conosciute. Le valutazioni cominciano ad essere, in queste, discretamente esagerate. Le opportunità sono in aziende un po’ più piccole, con profilo più domestico. Questo fatto è suggerito proprio dal miglioramento dell’Eurozona, che consente interessi più domestici.
I due fondi sopra citati, inoltre, sono acquistabili anche come PAC, cioè come piano d’accumulo. Questo per ragionare, ovviamente, nel lungo periodo, e mediare le oscillazioni dei mercati.
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