Maggio 2017. Moody’s ha tagliato il rating della Cina a A1 da Aa3 per il possibile rallentamento della crescita economica e l’aumento del debito governativo. Emilio Franco – Responsabile Investimenti, CFA e Vice Direttore Generale di UBI Pramerica – motiva la tranquillità del mercato di fronte a questa notizia, che non ha scosso gli operatori del settore.
Un downgrade della Cina da parte di Moody’s non accadeva da decenni. A fronte di questo, è lecito attendersi un avvitamento della situazione finanziaria cinese? Diciamo che le agenzie di rating negli ultimi anni hanno fallito nell’anticipare dinamiche non note agli investitori. Sappiamo che la Cina, in questo momento, ha degli squilibri molto rilevanti. Uno di questi è rappresentato da un indebitamento elevato, specialmente nel settore privato. Non c’è molta informazione nel sapere che secondo Moody’s l’eccessivo debito cinese può rappresentare un problema di medio-lungo termine.
Dall’altra parte va però tenuto di conto un’altra cosa. Il debito cinese è prevalentemente collocato nelle aziende; le famiglie sono risparmiatori netti, tra i più attivi al mondo. La ragione del debito nel settore corporate è prevalentemente legata alla spinta che i policymakers cinesi hanno dato sugli investimenti per sostenere la crescita. L’altra faccia dello squilibrio e dell’indebitamento è l’elevata incidenza degli investimenti sul PIL. Questi rappresentano circa il 50% del medesimo.
Quello che è veramente importante per capire se a breve vi è un rischio di chiusura dell’accesso al credito delle aziende cinesi è capire chi presta a quest’ultime. Non sono sicuramente i mercati internazionali, ma sono prevalentemente le banche cinesi. Queste ultime si finanziano prevalentemente con i depositi. Quindi è tutto un debito domestico, denominato in valuta propria. E’ molto improbabile che si possa verificare una crisi finanziaria come quella del 2008 proprio per questo motivo di situazione interna. Le famiglie, infatti, si sentono sicure che i loro depositi siano implicitamente garantiti dallo stato cinese.
In definitiva, non è una bella notizia in generale questo downgrade, ma non è neanche drammatica.
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