Quadro macro. Bruno Rovelli al Wealth Management Forum | Advisor Online

Riccardo Sabbatini intervista il responsabile dell’investment advisory di BlackRock Italia, Bruno Rovelli, sul quadro macro post elezioni francesi.

Le elezioni francesi sono chiaramente un altro grande cambiamento che abbiamo visto dal punto di vista del rischio geopolitico negli ultimi 12-18 mesi. Si è oscillato da una parte all’altra con una grande variabilità della dimensione politica. Si è passati dall’apice dell’affermazione delle forze populiste (Brexit, Trump) ad eleggere in Francia, con ampissima maggioranza, un candidato 39enne, altamente proeuropeo, piuttosto liberale, molto poco francese.

Qual’è la lettura da fare?

Le forze populiste a livello globale sembrano aver trovato un punto di picco. Potrebbe non essere un punto di lungo periodo, però. Potremmo essere di fronte ad una fase ciclica del fenomeno populista.

Che impatto ha questo sui mercati nel quadro macro?

I mercati europei sono andati molto bene, soprattutto dopo la vittoria di Macron; a questo punto i prezzi di mercato la scontano integralmente. Se ci si chiede come mai i mercati avessero fatto abbastanza bene anche prima delle elezioni, la risposta è facile: i fondamentali. Gli utili stanno riaccellerando in modo significativo a livello globale. E non lo facevano da almeno due anni. Stanno crescendo di quasi il 15% anno su anno negli States; quasi il 23% YoY in Europa e del 10% in Giappone. Questa è la cosa fondamentale che spinge i mercati finanziari, soprattutto nelle fasi di massima incertezza politica.

Quindi la crescita non è drogata? E’ perciò interpretabile con l’andamento dei fondamentali?

In larga parte è valida la seconda asserzione. Le due principali caratteristiche dei mercati oggi sono: valutazioni alte (P/E mondiale di 20) e volatilità bassa. Detta così, sembrerebbe uno scenario preoccupante. Se però ci si chiede come mai le cose stiano così, le spiegazioni sono molto più rassicuranti.

La volatilità dei mercati è bassa perché lo è quella macroeconomica. Negli ultimi cinque anni è stata la più bassa degli ultimi cinquanta. Potrebbe essere così in virtù delle banche centrali e delle loro azioni, ma è un dato di fatto. Nel passato c’è stata crescita maggiore di oggi, ma molto più volatile.

Bassa volatilità, bassa percezione del rischio, bassi tassi di interesse. Nel 2007 la crisi fu innescata da un cambiamento di politica monetaria della FED. C’è questo rischio adesso all’orizzonte?

E’ abbastanza probabile che sia così. Se si osservano le recessioni dal 1945 ad oggi, le ultime due hanno motivazioni di tipo finanziario, dovute al collasso di bolle (tecnologia, immobiliare). Prima non era così, avevano motivazioni più “reali”. Ad un certo punto l’inflazione cominciava a salire, le banche centrali rialzavano i tassi di interesse, il ciclo globale andava in recessione.

E’ quindi probabile che la prossima recessione abbia delle caratteristiche analoghe alle ultime due (finanziarie). Questi squilibri finanziari non sembrano evidenti in Europa. Gli squilibri si verificano accumulandosi nel tempo; l’Europa è in crisi perenne da un decennio, quindi non ne ha accumulati causa, appunto, la crisi.

Nel quadro macro, comincia a vedersi qualche squilibrio negli USA. Le aziende hanno accumulato, infatti, una importante leva finanziaria. E’ però evidente agli occhi di tutti che l’attenzione principale dei mercati sia sulla Cina. E’ lì, infatti, che si è avuta la più grande accumulazione di leva finanziaria ed operativa. Non è un caso che la riaccelerazione del ciclo economico globale sia guidata, dalla secvonda metà del 2016, da una riaccelerazione cinese. Per meglio dire, da una stabilizzazione del ciclo economico, e da una ripresa dell’inflazione in Cina.

La Cina è quindi lo swing factor del ciclo di investimento. La prossima crisi potrebbe non venire da un paese industrializzato, ma da uno emergente. In realtà, ovviamente, non lo sappiamo, e dobbiamo essere molto cauti. Attualmente abbiamo bisogno di squilibri superiori a quelli che stiamo osservando per innescare una crisi sui mercati.

Ovviamente il fatto che possa avvenire in Cina, paese sistemico, non mette di buon umore. Questo anche perché ormai le crisi si propagano molto più velocemente del passato. Ed anche perché la Cina ha un’importanza primaria a livello globale.

Cosa si aspettano i mercati finanziari dall’Italia? Quali sono le variabili da monitorare nel quadro macro?

L’impressione è che il Paese faccia fatica ad esprimere una maggioranza stabile di governo. Il messaggio francese è molto positivo per l’Italia, comunque. La Francia è molto atipica come nazione, perché è contemporaneamente una nazione sia del Nord che del Sud Europa. Nessun altro Paese ha queste caratteristiche. Quindi una Francia in rinnovo, molto proeuropea, è una notizia molto positiva per l’Italia.

Le opportunità però poi vanno colte. Vedremo cosa accadrà alle prossime elezioni. Per il momento è impossibile sapere più di quello che si scorge nei sondaggi. Con questa legge elettorale, o con sue varianti, una maggioranza stabile nel Paese non è praticabile. L’attenzione dei mercati si sposterà poco sulla Germania; qui il risultato è incerto, ma in ogni caso non in discussione l’unità europea. Il focus sarà inevitabilmente l’Italia e le sue lezioni, quando ci saranno.

Pare proprio che con Macron si sia comprato tempo; speriamo che l’Italia non lo sprechi, come ha fatto in tante altre occasioni.

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