Estratto della videochat del 20 luglio con Fabio DePonti, Tommaso Farina e Davide Di Chio di Anima SGR. Gli argomenti del periodo sono vari, ma su tutti risaltano l’azione delle banche centrali, la Trumpnomics (o la sua mancanza), e lo stacco delle cedole dei fondi italiani.
Il tema delle banche centrali non ha mai smesso di essere dominante. In questa fase di normalizzazione delle politiche monetarie lo è ancora di più.
Nei mesi scorsi si era avvertito di usare cautela sui mercati; c’era perdita di momentum sui dati macro, sia per la crescita che per l’inflazione, ed il contesto lasciava immaginare un po’ di indebolimento.
La situazione è leggermente cambiata. Lo spartiacque è stato il meeting di Sintra dei banchieri centrali. Nel giro di un paio di settimane il rendimento del Bund a 10 anni è aumentato di 30 bps. In questo meeting, Draghi ha fornito un quadro nettamente meno cauto rispetto a quello che era atteso e scontato dai mercati, soprattutto obbligazionari.
I punti nodali sono stati essenzialmente due. Il primo riguarda i rischi di deflazione, sostanzialmente svaniti. Il secondo riguarda l’attuale contesto, che è chiaramente reflazionista; l’attuale debolezza dell’inflazione è di carattere transitorio. Ci vorrà pazienza, ma l’inflazione continuerà a crescere verso l’obiettivo definito.
Quindi, un messaggio più restrittivo, a cui i mercati si sono adeguati in maniera repentina. Ma perché? Innanzitutto, perché Draghi è una persona autorevole, e se certe cose le dice lui, che misura sempre le parole… In secondo luogo, questo messaggio meno accomodante si è inserito in un contesto di messaggi simili da parte di altri banchieri centrali.
Tutto questo ha chiaramente prodotto un repricing del rischio tassi, ed un rialzo dei rendimenti obbligazionari. Il messaggio chiave è quindi che siamo in una fase reflazionistica; l’inflazione tornerà e si irrobustirà; il sentiero della normalizzazione è ormai tracciato e verrà percorso,s ebbene con gradualità.
Naturalmente questi fatti hanno un peso maggiore, in Europa, dove il QE è ancora in atto, mentre in America non solo è finito, ma i tassi sono già stati rialzati 4 volte dalla fine del QE.
…molto fluida è l’espressione migliore con cui descriverla. Il secondo tentativo di riformare l’Obamacare è fallito, forse definitivamente. Ciò identifica un’importante distanza tra Trump ed i Repubblicani, ed anche all’interno dello stesso partito.
Le conseguenze sono soprattutto sui tempi e le probabilità di una riforma fiscale. La palla della questione torna al Congresso, che si può concentrare su questo argomento, e farlo diventare primario. Il clima politico è però più teso, ed il rischio di qualche incidente di percorso è aumentato. Questi ultimi potrebbero essere misure protezionistiche finora solo ventilate, ma mai attuate; oppure dai delicati passaggi politici di settembre, con l’approvazione del nuovo budget e del debt ceiling, il tetto del debito pubblico. Entrambi questi momenti potrebbero essere strumentalizzati dal presidente o dal partito, e creare tensioni.
Il tema dei tassi di interesse, primario, viene affrontato attraverso il settore finanziario; l’esposizione verso le banche è in aumento, visto che beneficiano del rialzo dei tassi e dell’inclinazione della curva dei rendimenti. In America le banche sono state aiutate anche dagli stress test, che hanno evidenziato persino un’eccesso di cash (con conseguenti dividendi aumentati per gli azionisti o buyback di azioni proprie). Questo tema resterà attivo anche al prossimo giro delle banche centrali a settembre. Qui, infatti, la FED potrebbe annunciare la riduzione del proprio bilancio, e la BCE le proprie intenzioni di tapering.
Altro tema reflazionistico sono le commodities, aiutate anche dall’effetto Cina, con un’economia molto resiliente. Nonostante la riduzione della spesa, l’economia ha continuato a crescere. Le commodiites hanno anche approfittato dell’istituzione di dazi in America ed in Europa. Anche le soft commodities sono rimbalzate, complice la siccità.
Si sono ridotte alcune posizioni sulla tecnologia, in virtù dell’aumento dei tassi e del fatto che sono stati i migliori performer da inizio anno.
Altro tema importante é l’euro. Se dovesse continuare a rafforzarsi, questo avrebbe un impatto per gli esportatori.
Dal punto di vista strategico, non cambia niente. Quindi, visione cauta o negativa sui tassi (componente obbligazionaria), soprattutto quella core; visione positiva sugli asset più rischiosi, quindi le azioni.
Le ragioni sono chiare. Contesto macro solido; banche centrali che si muovono con grande cautela per la normalizzazione; questa cautela è grandemente apprezzata dai mercati (nuovi record). Non ci sono quindi particolari ragioni per NON preferire le azioni.
A settembre potrebbe esserci (obbligo il condizionale) una correzione sui mercati. Diverse asset class hanno corso molto, e le valutazioni non sono più a buon mercato. La volatilità, inoltre, è particolarmente bassa, ed in queste condizioni basta niente per scatenare le vendite. Conseguentemente, a fronte solo di una correzione, si tratterebbe di un’opportunità di acquisto.
Per le valute, posizione positiva sull’euro, in particolare contro dollaro. Da monitorare, come detto prima, la performance sugli indici europei, ricchi di esportatori.
Per le obbligazioni, visione positiva sull’high yield e gli emergenti.
E’ un tema di sicuro interesse. Solo nel 2018 sono stati lanciati 80 nuovi fondi, di cui 72 a distribuzione. Ai clienti piacciono, quindi, e molto, le cedole. E piace anche come integrazione del proprio reddito. Piace ancor di più ricevere una cedola all’interno di un range definito.
E’ comunque importante puntualizzare che l’aumento dell’offerta cedolare è fatto a fronte di una aumentata ed accertata sostenibilità. Cosa significa? Che solo i prodotti che possono strutturalmente permettersi di avere una cedola minima (e quindi massima) la avranno o la aumenteranno. Nessuna cedola andrà mai ad impattare la capacità del fondo di generare valore; se non si riesce a dare una cedola minima, il valore creato dal fondo va in accumulazione, cioè ad aumentare il capitale del fondo stesso.
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