Claudia Segre, Presidente di Global Thinking Foundation, discute sulle prospettive di crescita del settore automobilistico quotato, e della condizione del mercato, alla luce degli accordi USA-EU.
Chi nel 2015 ha investito in FCA all’alba della quotazione a Wall Street, oggi si trova il patrimonio rivalutato più del 230%. Molto di più delle concorrenti GM, Ford e BMW, tutte negative nello stesso periodo, ed anche di Ferrari (+159%), che è stata quotata solo nel gennaio 2016.
Assolutamente sì. Un grande salto di qualità, che si vede nei dati, si è visto nel consolidamento anche degli ultimi bilanci, con l’azzeramento dei debiti, obiettivo raggiunto da Marchionne. Oltre alla riserva di liquidità ingente, che si è creata, sono cambiati i target. Su questa revisione dei target abbiamo visto la volatilità di questa settimana.
A mio avviso c’è spazio di crescita, e sicuramente il settore automotive vede nel gruppo FCA un riferimento importante, non solo per il discorso della stabilità dei dati, ma anche per quelle che sono le prospettive per i marchi. Qui è dove le altre case hanno sofferto molto, come si è visto, con una strategia che a livello di riassetto dei marchi non è stata così efficiente come nel caso del gruppo FCA.
Ecco, proprio Ford e General Motors recentemente hanno evidenziato la difficoltà di andamento delle vendite nei mercati asiatici soprattutto in Cina, a causa di questa guerra dei dazi; quindi si auspica che questa tregua europea si possa estendere, con un accordo di compromesso, anche con la Cina, perché il proseguire con questa escalation non fa bene a nessuno.
Non fa bene, soprattutto, ad effetto boomerang, alle società americane di automotive che sono in Cina. Quindi, sicuramente un accordo entro settembre potrebbe riassestare i dati e ridare il volo alle vendite anche per le case americane.
Sì, infatti. Questo dà ulteriore spinta a quello che potrà essere il risultato delle prossime elezioni di midterm, per quanto riguarda Trump. Questo tenendo conto non solo dei risultati economici, ma anche come sono stati ottenuti, in uno scenario di tassi in crescita, e preservando anche il bilancio in termini di commercio internazionale, che è ripreso notevolmente nonostante questo il braccio di ferro, che serve senz’altro a stimolare ulteriormente un discorso di competitività e di irrobustimento da parte delle grandi aziende sulla delocalizzazione.
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