La principale novità di questo 2017 nell’ambito del risparmio gestito italiano è la nascita dei Pir, Piani individuali di risparmio. Uno strumento d’investimento di lungo termine pensato in particolare per veicolare i capitali verso le imprese italiane.
Secondo Andrea Rocchetti di Moneyfarm, intervistato da Valerio Baselli di Morningstar, i Piani Individuali di Risparmio, cioè i PIR, presentano diversi punti deboli; in particolare sotto il profilo della diversificazione e dei costi. Il suggerimento è di dedicare eventualmente solo una piccola parte del proprio portafoglio a tali strumenti.
Alla base della nostra filosofia d’investimento c’è la diversificazione, geografica, valutaria, in termini di asset class. I Pir questa diversificazione non la offrono. Inoltre, l’incentivo fiscale secondo noi non è sufficiente a remunerare l’eccessiva concentrazione di small cap italiane in portafoglio; small cap che sono molto volatili e correlate tra loro.
I portafogli Moneyfarm hanno un’esposizione al sistema Italia pressoché nulla. I nostri clienti lavorano in Italia, hanno una casa in Italia, molto probabilmente hanno Btp o singoli titoli del Ftse Mib già in portafoglio; crediamo sia abbastanza.
È verissimo, infatti ci sta di prendere in considerazione i Pir; ma solo su alcuni portafogli già ben diversificati e bilanciati, con i giusti pesi, molto limitati. Borsa Italiana è l’1% della Borsa mondiale e il segmento Star delle medie imprese è addirittura un ventesimo di Borsa Italiana stessa. Questp magari è noto agli addetti ai lavori, un po’ meno ai clienti con cui ci interfacciamo quotidianamente.
Venendo al vincolo quinquennale, siamo i primi a promuovere l’investimento a medio-lungo termine; però preferiamo che siano i clienti stessi a poter decidere liberamente senza vincoli quando uscire dal proprio investimento. Inoltre, il grosso del vantaggio fiscale il Pir lo offre quando il mercato è in positivo, quando c’è una plusvalenza. Ma i clienti tendono a disinvestire quando le cose vanno male, quindi anche questo vincolo potrebbe non avere così efficacia in certi casi.
Per tutti questi motivi, preferiamo non inserire all’interno della nostra gestione patrimoniale questi strumenti.
Anche il nome, perché può creare confusione secondo me. I costi vanno sempre tenuti in considerazione quando si fa un investimento, in particolar modo in questo caso, perché potrebbero annullare il beneficio fiscale. Poi, fa benissimo il governo a sostenere e incentivare l’investimento nella piccola e media impresa italiana, che è la base della nostra economia, ma dall’altra parte dovrebbe anche incentivare il risparmio consapevole e l’educazione finanziaria in Italia. Siamo convinti che l’investitore dovrebbe destinare gran parte dei propri risparmi in strumenti molto diversificati come gli Oicr armonizzati, quali i fondi comuni d’investimento e soprattutto gli Etf, che sono trasparenti, economici e quotati.
Una soluzione la offrono i mini bond, che sono un buon metodo per finanziare specifici progetti della piccola-media impresa italiana. Poi per i retail rimane poco, ci sono i peer-to-peer lending e il crowdfunding, che sono più che altro sviluppati nel Regno Unito, ma che funzionano abbastanza bene e confidiamo che possano farlo anche qua da noi in futuro.
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