Italia, le sfide per il 2017: intervista a Guido Giubergia | Ersel

L’Europa alle prese con i nazionalismi e l’enigma Trump: l’analisi sulla posizione dell’Italia nel risiko continentale di Guido Giubergia, Amministratore Delegato e Presidente di Ersel, intervistato da Class CNBC Milano Finanza.

Dove investire in questo 2017, che è sicuramente un anno molto particolare. Qual è la view di Ersel?

Il 2016 ha colto tutti di sorpresa. Tutti gli eventi elettorali sono andati al contrario delle previsioni. Mercati finanziari senza effetti negativi, tranne che nell’immediato. infatti siamo sui massimi o vicino ad essi sia in USA che in Europa.

Paradossalmente, nonostante la politica fosse uno spauracchio, e lo sia ancora, le cose l’anno scorso sono andate diversamente. I dati economici, la crescita dei tassi d’interesse che forse saranno inferiori alle attese, profitti delle aziende  ad un ottimo livello e multipli in crescita continuano a rappresentare il combustibile per tutte le borse del mondo.

Tutto questo è sostenibile? Potrebbe cambiare qualcosa?

Tutti gli investitori finanziari professionali nell’ultimo periodo hanno mediamente sbagliato. Niente di ciò che era stato definito spauracchio l’anno scorso si è verificato. Veniamo da un periodo storico mai visto prima, con i tassi bassi o negativi per per tanto tempo. E’ tutto legato ai tassi d’interesse. Molto di più che agli eventi di tipo politico.

Se abbiamo 100 euro, e dobbiamo decidere se investirli in buone aziende quotate, in un ambiente di tassi come questo, continueremo a farlo. Esiste ancora una predisposizione ad investire in azioni se paragonata a quelle che sono le alternative d’investimento.

Al di là di tecnicismi e quant’altro, i grandi assets sono obbligazioni ed azioni. Oggi è indubbio che grazie ai tassi d’interesse a questi livelli, le azioni hanno un ruolo nel mondo impensabile con politiche “normali”.

La cosa importante è capire quando finirà questa politica di quantitative easing e quali saranno le reazioni dei mercati.

Cosa succederà, quindi, quando finirà il QE? Perché in America si sta festeggiando?

Si sta festeggiando perché i mercati creano aspettative, a cui seguono i  fatti. Rialzo dei tassi ampiamente previsto, e ce ne saranno probabilmente solo altri due e non tre. Aspettative quindi ridimensionate in meglio, per i mercati. Meno rialzi dei tassi e dollaro leggermente più debole, e via a festeggiare.

I tassi in crescita erano assolutamente nelle attese. Che crescessero meno del previsto lo era meno. Quindi il fatto è stato salutato in maniera positiva. A tutt’oggi, quindi, la predisposizione dei mercati continua ad essere positiva.

Ci saranno probabilmente delle grandi delusioni, ma non sappiamo quando. Non sappiamo in che tempi ed in che entità. Probabilmente anche l’America sconta un eccesso di ottimismo sulle politiche economiche. Non sappiamo quanto riuscirà a realizzare Trump. Una cosa è dire e credere una cosa, un’altra, del tutto diversa il riuscire a realizzarla. Anche gli States devono stare attenti a non esagerare sulla spesa pubblica e la riduzione d’imposte visto il rapporto deficit/PIL che hanno.

Come è stata gestita dalle BC e dai vari governi la crisi generata dai subprime?

Le banche centrali hanno fatto tutto quello che han potuto. Senza, il disastro sarebbe stato spaventoso. Da sole, però, fanno quello che possono. Se non ci sono politiche realmente attive da parte dei governi, non si va da nessuna parte.

Nel futuro ci sarà un’altra grande crisi finanziaria. Le incognite sono sul quando, in che tempi, e così via. Fintanto che il mondo occidentale avrà questi livelli di debito, vivremo sempre una situazione tutto sommato precaria.

La somma dei debiti pubblici, di quelli privati e dei debiti aziendali, tutto è molto più allineato. Basta pensare all’Italia. Enorme debito pubblico, basso debito aziendale, surplus del risparmio nelle famiglie.

Come ha gestito la crisi Ersel? Come si vede la crisi in questo momento? Ne siamo usciti? Ne stiamo uscendo?

Pur operando in un Paese con tanti problemi, con una pesante situazione, ormai fisiologica, dove il capitalismo continua ad esser visto male, che lavora in campo finanziario è abbastanza indipendente dalla nazione in cui vive. Le case d’investimento hanno i clienti in Italia, ma possono investire ovunque nel mondo. Questo è un grande privilegio. Molte aziende non ce l’hanno, non possono spostarsi.

L’Italia è come il resto del mondo, rappresentata dalle PMI, che sono la spina dorsale del mondo delle imprese. La reale differenza è che le imprese familiari italiane sono molto piccole. Questo è il problema, non la numerosità. E’ questa dimensione che non le rende competitive nei moderni mercati, spesso.

Questo è figlio del fatto che nel mondo anglossassone c’è una cultura del mercato aperta. In Italia, al contrario, no. Da noi c’è la cultura della famiglia come nucleo ristretto. Con questo tipo di vincoli, la dimensione delle aziende non può crescere.

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