Mercati. Lo scenario macroeconomico di Ersel

Intervista ad Alberto Cattaneo, del team delle gestioni patrimoniali Ersel, in merito allo scenario macroeconomico globale e i riflessi sui mercati finanziari.

L’inizio d’anno del 2019 per i mercati finanziari è stato senza dubbio positivo. Alcuni indici azionari hanno raggiunto addirittura performance a doppia cifra. Questo fino a quando Trump non ha nuovamente twittato in tema di commercio internazionale ritornando gli operatori a focalizzarsi sul tema delle trade wars tra Stati Uniti e Cina.

La prima reazione dei mercati chiaramente è stata negativa al tweet di Trump, però l’ipotesi di lavoro della maggior parte dei commentatori era che il rinnovato pessimismo di trump sulla conclusione degli accordi commerciali fosse solo una tattica negoziale per ottenere maggiori concessioni da parte della Cina. Successivamente si è poi capito che il piano dell’amministrazione americana probabilmente era di maggior portata, e che vedeva nella Cina uno dei competitors a livello strategico degli Stati Uniti nel lungo termine, e quindi non solo dal lato strettamente economico della guerra commerciale, ma su un fronte più ampio che riguarda l’egemonia geopolitica tra le due superpotenze a livello globale.

Se vogliamo, vi è una sorta di fronte comune tra democratici e repubblicani nel vedere la Cina il nemico strategico di lungo termine degli Stati Uniti, e con il timore che si soffra quello che gli storici chiamano la Sindrome di Tucidide, ovverosia il fatto che una super potenza egemone venga poi scalzata da un nuovo entrante. Era già successo ai tempi dello storico greco, nel dissidio tra Sparta e Atene, è successo ancora agli inizi del ‘900, quando la Gran Bretagna ha ceduto il timone di potenza egemone mondiale agli Stati Uniti, e vi è il timore a Washington che questo possa succedere nel confronto tra Stati Uniti e Cina. Ecco che quindi la scaramuccia sul commercio tra Stati Uniti e Cina assume una valenza di sfida a livello globale, destinata probabilmente a durare più anni, in cui l’elemento commerciale è solo uno dei vari tasselli in cui si gioca la complessa battaglia tra gli Stati Uniti e, appunto, la Cina.

Questo complica di un certo grado lo scenario economico di riferimento, proprio perché non sappiamo bene che film, a che punto possa evolvere la strategia di confronto tra le due superpotenze. Bisogna però ricordare che le tariffe che andranno in essere non dovrebbero essere tali da portare a uno sconquasso complessivo delle prospettive di crescita economica e mondiali. Se prendiamo per buoni i numeri fino ad ora conosciuti dell’impatto, appunto, dell’incremento delle tariffe nell’economia degli Stati Uniti e Cina, quello che a noi preoccupa maggiormente sono i possibili effetti di second’ordine sui livelli della fiducia degli imprenditori, dei consumatori a livello globale, livelli che sono già stati intaccati nel corso del 2018, e che si stavano lentamente riprendendo in questo avvio d’anno. Il rischio è che si generino delle conseguenze negative del secondo ordine nelle prospettive di spesa di consumatori e imprenditori, e che questo possa effettivamente poi portare le principali economie sviluppate, Stati Uniti, Europa e Giappone, a uno scenario vicino alla recessione.

Questi sono gli elementi negativi che hanno ci hanno indotto ad avere sui portafogli un atteggiamento di maggior cautela. Non siamo però totalmente rinunciatari per quanto riguarda le attività di rischio, perché riteniamo che vi siano anche delle possibilità da parte dei policy maker, soprattutto americani e cinesi, di controbilanciare questi potenziali effetti negativi. La banca centrale americana, infatti, può ancora ridurre il costo del denaro, e quindi dare un sostegno ai mercati attraverso la leva monetaria, mentre le autorità cinesi, come già stanno facendo, possono ulteriormente intervenire dal lato della spesa pubblica e del sostegno, con sgravi fiscali per agevolare l’economia cinese e far in qualche modo superare l’attuale fase di rallentamento.

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