Il gioco torna indietro di qualche casella, il filotto di dati della prima settimana di ottobre ripresenta sui mercati il bivio tra recessione e rallentamento. Outlook di mercato presentato da Carlo Benetti, Market Specialist di GAM Italia.
Il filotto di dati negativi della prima settimana di ottobre riporta indietro il gioco di qualche casella. Siamo di nuovo al bivio fra recessione e rallentamento, indecisi un po’ come Alice nel paese delle meraviglie, al bivio dove incontra il gatto del Cheshire che le risponde che siccome non sa dove andare è del tutto indifferente quale strada prendere. La contrazione del settore manifatturiero americano nel mese di settembre è stata la peggiore dal 2009, ma è un rallentamento in corso da tempo. Non ha mai davvero impensierito, però, perchĂ© il manifatturiero non è così decisivo nelle economie avanzate. Nell’economia americana contribuisce a meno del 10 per cento del pil, un po’ di piĂą nell’Eurozona. In realtĂ l’allarme è scattato perchĂ© il peggioramento di industria e costruzioni si è esteso al settore dei servizi, che è il principale traino delle economie avanzate. L’indice ISM dei servizi in settembre, negli Stati Uniti, è sceso a 52.6 da 56.4 di agosto. E’ un rallentamento che non si vedeva dal 2016. Si riaffaccia dunque la r word, la parola che comincia per r che non si può pronunciare per scaramanzia, che ad agosto è stata ricacciata indietro dai toni conciliatori di Trump nei confronti della Cina, e soprattutto dai tagli operati dalla Fed. Ecco, la Federal Reserve continua a essere arbitro e giocatore. La disoccupazione americana è al tre e mezzo per cento, un dato che non si vedeva da dicembre 1969, eppure la banca centrale è reticente nell’indicare quale sia l’obiettivo di occupazione. In questo modo mantiene ampi margini di libertĂ . Powell ripete il mantra che la Fed continuerĂ ad agire in modo appropriato per sostenere l’espansione.
Torniamo a interrogarci sulle evoluzioni della fase tarda del piĂą lungo ciclo espansivo della storia. Gli esiti dei prossimi mesi saranno determinati dalle scelte monetarie, fiscali, sul commercio internazionale. La parola chiave resta incertezza, la wild card di qualsiasi mano di gioco. I frutti avvelenati di tale incertezza, o della guerra commerciale, sono la caduta del Capex negli Stati Uniti, gli investimenti in beni materiali, e la frenata negli scambi commerciali globali. A farne le spese quelle economie che dipendono in modo particolare dal commercio con l’estero, ad esempio, le economie emergenti, la Germania, o l’Italia, che hanno sistemi manifatturieri che eccedono la capacitĂ di assorbire della domanda interna. Un peggioramento dello scenario economico comporterebbe, a nostro avviso, un repricing degli asset. I rendimenti obbligazionari conoscerebbero nuovi minimi, favoriti anche dalle ripetute assicurazioni dei banchieri centrali in questo senso. I listini abbandonerebbero gli attuali livelli in prossimitĂ dei massimi. Riconosciamo una certa asimmetria nei rischi, e prevalgono a nostro avviso quelli del downside, soprattutto se nell’equazione teniamo conto anche dei vari focolai di incertezza e della volatilitĂ che essi possono generare. Lo disse bene Keynes parecchi anni fa: quando l’incertezza è molto elevata, le politiche monetarie espansive perdono di efficacia nel favorire nuovi investimenti o ridurre il risparmio. La politica monetaria è come una fune: utilissima a trainare, del tutto inadatta a spingere.
L’ultima earning season negli Stati Uniti fa pensare a una recessione degli utili più imminente di una recessione vera e propria. La nostra allocazione, come viene definita dal team multi asset di Milano, non cambia molto in questo mese, perché è da tempo orientata ad un profilo di cautela. Il sovrappeso alle azioni globali è modesto, orientato a titoli e settori di qualità con buona visibilità degli utili, ed è bilanciato dalla scelta tattica su governativi e credito in funzione di protezione del portafoglio nelle fasi di maggiore volatilità . A questo aggiungiamo la ricerca di qualità , nel rischio credito, ad esempio le emissioni subordinate. Le banche europee,
prendiamole come esempio di emittenti, presentano profili di redditivitĂ debole, ma questo è un aspetto che riguarda i soli azionisti. Parimenti presentano solide strutture di capitale, perchĂ© hanno ottemperato all’inasprimento dei requisiti patrimoniali imposti dalle autoritĂ di controllo, e la robustezza patrimoniale è quanto importa, ed è quanto basta, all’obbligazionista. Il nostro team multi asset conferma una esposizione al debito emergente nelle sue diverse declinazioni, valuta forte e, selettivamente, valuta locale. In ottica difensiva resta l’esposizione ai metalli preziosi, in special modo come alternativa al monetario nell’attuale contesto di tassi negativi.
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