Siamo in una condizione dove i tassi di interesse permangono non solo bassi, ma addirittura a zero. E nonostante da questo mese la BCE inizi a ridurre il suo programma di acquisto asset a 60 miliardi, la situazione dei tassi resterà tale ancora per un po’.
Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad un chiaro trend ribassista per effetto delle politiche monetarie operate a livello globale dalle banche centrali. Queste politiche hanno portato ad un appiattimento dei rendimenti sull’asset class obbligazionario; è proprio quest’ultimo che da sempre costituisce il motore del ritorno più importante, in termini di performance, dell’investitore italiano medio.
Non sono solo i tassi ufficiali che si sono abbassati fino ad annullarsi, trascinando con essi anche i rendimenti delle obbligazioni governative. Dopo il 2011, anche asset class maggiormente rischiose hanno risentito di un consistente e costante appiattimento in termini di rendimenti attesi.
Per estrarre quindi valore dal mercato obbligazionario, ci si deve quindi orientare sempre di più verso asset class meno consuete da parte dell’investitore. Queste possono essere obbligazioni high yield, od obbligazioni che investono sui corporate investment grade, od ancora quelle governative dei paesi emergenti. Questi prodotti cercano di andare ad identificare sacche di rendimento ove queste si annidino.
Questo tipo di approccio non è chiaramente tipico di un investitore individuale, che per definizione non può conoscere le storie dei singoli titoli da inserire all’interno del portafoglio. D’altro canto, il risparmiatore non può neanche esporsi, sempre per definizione, a mercati decisamente poco conosciuti.
È in un contesto di questo tipo che il ricorso al risparmio gestito, e in particolare alla gestione attiva, apre delle importantissime opportunità. Queste possono ancora essere in grado di generare flusso cedolare, quindi un income periodico, che ancora oggi rappresenta una delle necessità più importanti per l’investitore italiano.
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