Lo scenario economico dei mercati di GAM per il mese di febbraio, con il conseguente outlook, presentato da Carlo Benetti, Head of Market Research e Business innovation.
Stiamo facendo questa conversazione subito dopo l’esito della prima riunione dell’anno della FED. La prima sotto la nuova amministrazione Trump. Come previsto, a questo giro nulla di fatto. I commenti ufficiali sono stati sul medesimo registro utilizzato a dicembre. L’economia americana è inserita in un convincente sentiero di espansione. E’ probabile che la FED voglia avere una migliore contezza di quale sarà la composizione, l’ampiezza, la qualità, il timing delle misure che verranno introdotte. Misure che dovranno entrare in una economia che non ha particolare bisogno di stimoli.
Crescono gli occupati, migliora il manifatturiero. Cresce il sentiment positivo di imprese e famiglie. Però prima che il dettaglio delle manovre sia reso pubblico, ed ottenga l’approvazione di entrambe le camere, passeranno mesi. E’ quindi probabile che neppure a marzo avremo novità sui tassi. Alla domanda risponde nei fatti l’atteggiamento della FED. Se fino al 2016 sono state le banche centrali a suonare la musica alla danza delle curve dei rendimenti, quest’anno sarà in primo piano la politica fiscale. Più precisamente, quello che farà Trump.
La Fed ha il suo piano di normalizzazione dei tassi, ma lo dovrà adattare e aggiustare in funzione di cosa farà davvero Trump. Occhio ai tweet, dunque.
Direi che lo scenario è complicato, soprattutto per i mercati obbligazionari. La prima implicazione sono i flussi in uscita, soprattutto sulle lunghe scadenze, a favore delle azioni. Anche all’interno di queste ultime si verifica una certa rotazione. Da titoli difensivi di elevata qualità ai titoli ciclici, emergenti, europei. In alcuni settori si allarga la dispersione dei rendimenti. Favorisce la gestione attiva, e aiutale strategie azionarie neutrali al mercato.
Nella riforma della fiscalità societaria negli USA, oltre all’abbattimento dell’aliquota sulle società al 20%, c’è anche la sospensione della non deducibilità degli oneri fiscali. E’ un aspetto meno dibattuto. Se venisse approvato, la fiscalità più leggera verrebbe controbilanciata dagli oneri finanziari non più deducibili. Il tutto con un risultato negativo per i grandi debitori. E’ un aspetto che avrebbe conseguenze sul segmento corporate, soprattutto sugli HY.
Chi può dirlo? L’economia è in una forma decisamente migliore rispetto a 2 mesi fa. Su questo fronte non si intravedono particolari fonti di rischio. Quest’ultimo, al contrario, è tutto sbilanciato sull’incertezza politica, su entrambe le sponde dell’Atlantico. Nel 2016, mercati finanziari e vicende politiche hanno seguito due traiettorie diverse. Gli esiti sorprendenti dei tre più importanti appuntamenti hanno smentito le previsioni disastrose. I mercati si sono riaggiustati la giacca ed hanno continuato come se niente fosse.
E vero che, come nota il capo economista di GAM, la volatilità implicita di azioni ed altre asset class è quasi ai minimi. Segnale, questo, di una assenza di soverchie preoccupazioni tra gli operatori. Questi ultimi dovrebbero, invece, prestare attenzione ai tornanti politici dell’anno. Il fatto che alcuni possibili rischi non siano prezzati non significa che non siano verosimili.
Il mese scorso accennavo all’antifragilità. A portafogli, cioè, costruiti sull’assunto della fragilità di qualsiasi previsione. Direi che un atteggiamento corretto sia quello laico. Cioè che non abbraccia fideisticamente una direzione, ma resta disponibile a modificare in fretta l’impostazione tattica al mutare degli scenari.
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