PIR, fra luci ed ombre | Zenit SGR

Nelle parole di Francesca Cerminara, Responsabile Bond e Valute di Zenit SGR, l’impatto dei PIR sull’economia reale ad un anno e mezzo dal lancio sul mercato.

In italia continua a restare alta l’attenzione degli investitori nei confronti dei PIR, eppure ad un anno e mezzo dalla loro nascita, e dopo il boom che hanno avuto nel 2017 c’è chi parla di luci e di ombre

I PIR hanno avuto un successo quasi insperato nel 2017; pensiamo solo che nel 2013, da un’indagine di Assogestioni, quando per la prima volta, tramite decreto legge, si era affrontato il tema della diversificazione delle fonti di finanziamento per le aziende, con la nascita dei mini bond, si stimava che su 480 miliardi di patrimonio gestito in fondi, forse meno di 15 erano completamente dedicati a fondi specializzati in azioni ed obbligazioni italiane. Nel 2017, il primo anno di PIR, invece la raccolta è stata di 16 miliardi, a cui si sommano i due e mezzo del primo trimestre 2018. Quindi un sommo un ottimo risultato

È chiaro che il successo dei PIR nasce sulla scia dell’importante beneficio fiscale che questi prodotti offrono, però si può dire che poggiano comunque su basi molto più solide di stampo fondamentale. Infatti i PIR arrivano dopo anni di profonda crisi che ha attraversato l’Europa, e bisogna dire che ha messo a dura prova sia le aziende che i risparmiatori.

L’italia è sempre stata considerata un popolo di risparmiatori. Nel 2010 il rapporto tra risparmio privato e PIL era sceso al 17 per cento; ora invece è risalito in zona 20 per cento, che comunque è vicino alla sua media storica. Risparmi che, finalmente, possono essere messi a disposizione delle aziende che, come dimostrano i dati societari e congiunturali, sono tornate a crescere. Quindi dei risparmi puntati su qualcosa di solido.

Queste sono le luci, probabilmente. Un’ombra sicuramente è calata invece nel secondo trimestre 2018, un’ombra chiamata volatilità, scaturita probabilmente dalla percezione di un forte incremento del rischio politico italiano, che comunque ha provocato un forte repricing di tutte le asset class domestiche, a cui si somma un rischio molto più globale, che è legato alle politiche commerciali dell’amministrazione Trump, ed ai dazi.

Indubbiamente tutte queste incertezze pesano sui mercati, ma pesano anche sugli investitori; vediamo un certo rallentamento nella sottoscrizione di prodotti PIR compliant, forse fortunatamente non a dei disinvestimenti, probabilmente perché gli investitori hanno capito la vera natura del prodotto, e quindi l’orizzonte più di medio periodo.

Invece cosa può dirci riguardo il loro impatto sull’economia reale?

I PIR nascono per canalizzare le risorse sotto forma di azioni e obbligazioni verso le aziende, risorse fondamentali per lo sviluppo
aziendale, soprattutto attraverso il canale degli investimenti. È vero anche che i PIR possono essere un po’ di stimolo alle società che per la prima volta vogliono affacciarsi sul mercato dei capitali sia come prima emissione obbligazionaria, o tramite magari una IPO.

Nel 2017, il primo anno dei PIR, sono state circa 30 le IPO in più sul nostro mercato italiano. È vero anche che se facciamo confronto con il resto d’Europa la strada è ancora lunga. Pensiamo che il FTSEMIB, il nostro indice principale, apporta un contributo di circa il 30 per cento al nostro prodotto interno lordo, un dato ancora piuttosto basso. Queste risorse sarebbero vitali non solo per le aziende che direttamente ne beneficerebbero, ma come rafforzamento dell’intero sistema economico italiano.

Va detto però che comunque la trasmissione della finanza all’economia reale è un processo un po’ più lungo. Pensiamo anche al ciclo degli investimenti all’interno di un’azienda. Un imprenditore lo intraprende quando ha una certa visibilità sul futuro, e un determinato grado di certezza, quindi è vitale, ed era importantissimo, che queste risorse finanziarie rimanessero all’interno del circuito finanziario per più tempo. Da qui la decisione del legislatore di inserire un periodo minimo di investimento di cinque anni per poter ottenere il beneficio fiscale.

Per concludere, ritiene che i PIR siano strumenti adatti a tutte le tipologie di portafoglio?

Sicuramente è uno strumento che è stato creato appositamente per l’investitore retail; poi, se pensiamo che comunque ha una soglia massima investibile per anno solare, questo vuol dire che ben si sposa anche con la comune esigenza di diversificazione dei propri investimenti finanziari.

Possiamo chiamarlo un piccolo mattoncino italiano da inserire in una allocazione molto più globale. D’altronde possiamo anche dire che i soldi che uno decide di investire può comunque elargirli nel corso dell’anno. Questo si sposa benissimo con le fasi di volatilità come queste che stiamo vivendo in questo periodo, perché permette di ottenere investimenti comunque a prezzi differenziati nel corso dell’anno.

Non ultimo, forse anche più importante, sono stati creati prodotti PIR compliant sia di natura azionaria che obbligazionaria, che vuol dire che ogni investitore può scegliere il prodotto che più risponde alle proprie esigenze. La somma di tutti questi fattori ci fa dire che è un prodotto adatto a tutti.

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