Intervista ad Andrea Rotti, direttore del team delle gestioni patrimoniali Ersel, in merito alla situazione dei mercati finanziari globali.
Nel primo trimestre dell’anno c’è stata maggiore turbolenza sui mercati finanziari, in particolare su quelli azionari. Ovviamente, è contestualmente salita la volatilità.
I motivi sono da un lato economici, che hanno preoccupato ad inizio anno, e dall’altro in un sentiment in deterioramento. La causa di quest’ultimo fenomeno è la preoccupazione per il potenziale protezionismo dell’amministrazione Trump.
Le letture erano incentrate sull’inflazione. Fino a gennaio queste erano superiori alle attese. Da qui, una supposta, ed ancora non verificata, maggiore severità della FED nel rialzo dei tassi. Febbraio ha calmierato queste preoccupazioni; Powell, nuovo governatore della FED, ha avuto un atteggiamento conciliante, prospettando solo 3 rialzi per quest’anno.
Si sono destate preoccupazioni in merito a cosa vorrà fare l’amministrazione USA. L’analisi, però, si complica, ed i numeri non sono così certi ed evidenti. Non si sa se si parli di un volume di scambi a cui applicare eventuali dazi, o se sono quanto l’amministrazione spera di incassa dall’applicazione dei medesimi dazi. L’impatto, presumibilmente, non sarà in nessun caso particolarmente elevato. Se tutti i dazi fossero rivolti alla Cina, la contrazione del PIL cinese sarebbe solo delle 0,1 – o,2%.
Pesano molto di più, ovviamente, il sentiment e l’incertezza. Il protezionismo non è chiaramente favorevole alle dinamiche del commercio internazionale. L’incertezza della sua implementazione genera ansia per i mercati. Prevale, al momento, l’interpretazione che si tratti di una strategia negoziale; andare al tavolo delle trattative con una posizione rigida, per poi scendere a compromessi utili all’economia americana. Il rinvio dei dazi su acciaio ed alluminio all’UE sembra andare proprio in questa direzione, e la stessa cosa si può dire per Canada e Messico in merito al NAFTA. La Corea del Sud, addirittura, si è auto-imposta di inviare meno acciaio ed alluminio in America proprio per venire incontro alle esigenze americane.
Resta l’enorme partita con la Cina. Ma le prime risposte sembrano concilianti, e ci sono spazi di manovra per una negoziazione. Questo è il tema che i mercati stanno temendo di più.
Permane la crescita economica, diffusa in tutte le aree geografiche. Il contesto della crescita degli utili rimane più che favorevole per l’annata. In America, addirittura, si parla di una crescita intorno al 20%. In Europa e Giappone si prevede una crescita del 10%; per i mercati emergenti in area 15%. Un buon contesto globale, senza dubbio. E, se le preoccupazioni per il protezionismo dovessero rientrare, il sentiment potrebbe ritornare ad essere grandemente positivo, riportando serenità sui mercati.
Momento di incertezza; si suggerisce cautela, anche tattica. Investimenti azionari per lo più orientati geograficamente, e verso quelle aree con miglior rapporto valutazioni-crescita degli utili. Questi sono i mercati emergenti, l’Europa ed il Giappone. Riduzione del peso americano, proprio in virtù del rapporto sopra esposto.
Sull’azionario bisogna esser necessariamente selettivi ed attivi. Nel recente periodo ha dominato un mercato indifferenziato. Stiamo entrando in un’epoca con minor correlazione tra i titoli, e quindi necessaria selettività. I settori da privilegiare possono essere il finanziario e quello energetico (c’è un gap tra valore del petrolio e performance delle aziende energetiche).
Più neutri su altre asset class. Difficile estrarre valore dalle obbligazioni, escludendo quelle emergenti. Qui ci sono dinamiche di inflazione contenute e banche centrali ancora supportive. Il tasso reale incassabile è, quindi, ancora interessante.
A livello valutario, non c’è interesse a significative posizioni valutarie sul dollaro, dove si raccomanda cautela. C’è interesse per le valute emergenti, legate al portafoglio obbligazionario, e sullo yen, storicamente sottovalutato, e che offre protezione con i mercati turbolenti.
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