Ecco cosa significa quando un’azienda organizza un’offerta pubblica iniziale per quotarsi su uno dei mercati finanziari mondiali. Lo spiega Uptin Saiidi della CNBC International.
Come dice il popolare detto, “di idee disponibili ce ne sono una dozzina per pochi centesimi”. Ovverosia, ci sono anche troppe idee, ma molto spesso rimangono solo tali. Agire seguendo un’idea, però, è quello che fa realmente la differenza.
Si provi a pensare di trasformare un’idea in una startup. Inizia certamente piccola; poi, magari, diventa sempre più grande. Fino al punto in cui, un giorno, magari, si può pensare di quotare quell’idea, adesso una grossa azienda, in Borsa.
IPO è un acronimo che sta per Initial Public Offering, ovverosia Offerta Pubblica d’Acquisto. Si tratta della prima offerta di azioni emesse da una società quando si quota in un mercato pubblico. In pratica, significa trasformare un’azienda da privata a pubblica.
Quando è privata, un’azienda è normalmente posseduta da un ridotto numero di investitori. Di solito, queste persone sono il fondatore, gli amici e/o i parenti, e gli investitori professionisti, come una società di venture capital. Quando la società diventa pubblica, l’azienda si apre al mercato, e quindi si offre la proprietà della medesima ad un numero maggiore di persone. La società, quindi, passa da essere posseduta da poche persone a potenzialmente decine di migliaia di azionisti.
Per commemorare l’evento, molte Borse Valori effettuano un certo tipo di cerimonia. A New York ed a Londra, la società che si quota ha l’onore di suonare la campanella d’inizio contrattazioni di quella giornata. A Hong Kong, la società che si quota ha l’onore di suonare il gong che segna l’inizio degli scambi.
Perché quotarsi sui mercati? Beh, prima di tutto per ottenere molti soldi dal mercato. Con questi soldi, diventa più facile pianificare la crescita e/o le acquisizioni di una società, investire in infrastrutture ed attrarre i migliori talenti. In più, ci sono i vantaggi dell’essere semplicemente quotati, come l’esposizione mediatica.
Bisogna comunque notare che ci sono grosse società che decidono di rimanere comunque private. IKEA, Mars, Aldi e State Farm sono solo alcuni degli esempi di grosse società che scelgono di non quotarsi. Dopotutto, andare in Borsa non è un processo semplice e, di solito, richiede almeno quattro mesi.
La società di solito inizia cercando un underwiter, cioè una banca d’investimento, od anche più d’una. Il compito dell’underwriter è quello di cercare capitali per la quotazione, ossia, in prima istanza, di mettere i propri soldi per sostenere la IPO. Quindi, essi comprano le azioni della società prima che questa sia quotata. L’underwriter lavora con la società per decidere che tipologia di prodotti emettere, il prezzo di offerta, il numero delle azioni, e quando far quotare l’azienda sul mercato. L’underwriter si occupa anche di registrare la società con l’organo di controllo della Borsa; la cosa permette di assicurare che tutte le informazioni che sono rese pubbliche siano veritiere ed accurate. A questo punto si può iniziare, e la società viene quotata.
Lo scopo dell’underwriter, è chiaro, è di vendere le azioni al pubblico ad un prezzo maggiore di quanto le abbia pagate. Dopotutto, è così che loro fanno i soldi. Ma riuscire a quotarsi, di solito, significa un grosso aumento di valore delle azioni (che all’inizio hanno solo valori nominali, ndr), soprattutto per i fondatori dell’azienda e per i primi investitori.
Si sente spesso, infatti, di persone diventate milionarie, o miliardarie, a seguito della quotazione di un’azienda. Chi lavora in un’azienda privata che un giorno decide di quotarsi, è spesso pagato, in parte, con azioni di quella società, quindi ne condivide una parte della proprietà. Questa è una delle maniere più diffuse di attrarre talenti senza dover spendere troppo per pagarli. Quando l’azienda si quota, quel dipendente si prende la sua parte della nuova valutazione delle azioni, che è sempre superiore al valore nominale di quando è stata fondata.
Prendiamo come esempio Snapchat, che si è quotata nel 2017. Evan Spiegel, il suo fondatore, nell’occasione ha fatto bingo. La sua quota, infatti, valeva 636 milioni quando la società è divenuta pubblica. L’anno dopo, ha venduto più di 2.6 milioni di azioni, per un controvalore di 50 milioni di dollari, capitalizzando quindi una parte di quel valore.
Il numero di IPO sui mercati fluttua costantemente. Nel 2017 si sono quotate, globalmente, 1764 nuove società. Sono state quasi il 50% in più dell’anno prima, ed il maggior numero dal 2007. In America, le IPO sono state 187, con un aumento del 70% sull’anno precedente.
Tra le IPO più importanti della storia ci sono state quelle di Facebook, VISA e General Motors. Nel 2014, Alibaba ha fatto il record per una IPO. A New York, ha raccolto ben 25 miliardi di dollari con la sua quotazione.
Nonostante tutto questo, diventare una società pubblica ha i suoi svantaggi. Le società pubbliche, infatti, sono sottoposte a stretti controlli dai regolatori dei mercati, come la SEC in America e la Consob in italia. E quando una società diventa pubblica, le sue attività non sono più solo di competenza del fondatore e/o di pochi altri, ma anche del resto degli azionisti. Se questi non sono soddisfatti, magari il fondatore stesso può essere costretto a dimettersi.
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