La situazione dei mercati finanziari nel dopo Elezioni USA. Il punto di Ersel

La situazione dei mercati finanziari nel dopo Elezioni USA. Il punto di Ersel.

Intervista ad Andrea Rotti, direttore del team delle gestioni patrimoniali Ersel, in merito alla situazione dei mercati finanziari nel dopo Elezioni USA.

Dopo la Brexit a giugno, anche le elezioni USA hanno fornito un esito non scontato. Due eventi che parlano chiaro. Il ceto medio sembra rifiutare l’attuale modello di globalizzazione. Modello che ha dominato negli ultimi decenni, ma che sembra non portare più i benefici sperati.

I mercati finanziari hanno comunque reagito all’elezione di Trump con una certa compostezza. La volatilità, infatti, è durata solo poche ore, forse memori anche della Brexit. La reazione, infatti, è stata ancora più veloce. Probabilmente è emerso come l’affermazione netta dei repubblicani possa essere un contraltare alle politiche più estremiste di Trump. C’è anche la consapevolezza che tra le promesse elettorali e l’azione politica c’è sempre una certa differenza. I mercati si sono quindi concentrati sugli aspetti meramente economici del programma di Trump.

Vediamo le varie asset class. Equity mondiale con la reazione più composta alle elezioni. Programma politico a vantaggio delle corporation, con probabile ulteriore defiscalizzazione degli utili. Ci sarà sicuramente un piano di spesa pubblica (infrastrutture) che può favorire la crescita. Alcuni settori saranno certamente vincenti. Gli investitori stanno credendo particolarmente nelle PMI USA. Anche le stagioni degli utili, e la reportistica, stanno dando un quadro più roseo del mercato americano.

Più critica invece la reazione sui tassi. Intensificato il movimento al rialzo, iniziato già qualche settimana addietro. Pesano le caratteristiche del programma economico trumpiano. Più spesa interna, più deficit, minor globalizzazione. Si alzano le aspettative di inflazione. La asset class obbligazionaria è quindi la più minacciata da questa situazione. Posizionamento molto cauto. Oltretutto le banche centrali sembrano sostenere meno le economie. Sia in maniera più esplicita, come la FED, che meno, come la Banca del Giappone.

Nella riunione di dicembre, la FED avrà un compito difficile. Da un alto, assecondare le aspettative del mercato, consegnando il rialzo di 1/4 di punto che tutti si aspettano. Dall’altro, deve far capire che il rialzo sui tassi ci sarà, ma non sarà marcato. La retorica di comunicazione dovrà essere, quindi, molto attenta.

Sul fronte valutario, rafforzamento del dollaro, coerente con lo scenario descritto prima. Posizionamento neutrale. Eccessiva forza del dollaro minaccia per economia USA, anche a fronte del rialzo dei tassi.

Estremamente cauti sul fronte emergente, sia azionario che a reddito fisso. Non per il contesto economico fondamentale, ma per la questione valutaria. Questi mercati, infatti, sono legati a dppio filo col dollaro.

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