Come orientarsi fra le proposte commerciali che ci vengono fatte in merito agli investimenti sfruttando i suggerimenti di Paolo Giovanardi di Q Consulenze Finanziarie.
Se noi facciamo riferimento a un periodo di tempo consistente, come è giusto che sia, proprio per considerare un dato attendibile, abbiamo una ricerca che è stata svolta proprio da Mediobanca, quindi una banca, una parte in causa, che è andata ad analizzare costi e rendimenti dei principali investimenti. Si parla soprattutto dei fondi comuni di investimento in un arco di tempo abbastanza lungo, e nelle varie pagine si scorge alla fine, tra le conclusioni, la parte che dice “l’industria dei fondi continua a rappresentare un apporto distruttivo di ricchezza per l’economia del paese. In un contesto decennale si verifica una distruzione di ricchezza intorno ai 7 miliardi, che diventa di ben 115 miliardi sui quindici anni”. Quindi una banca stessa certifica che in questi anni vi è stato un progressivo incremento dei costi, e l’efficienza dei fondi comuni è progressivamente calata e li hanno via via resi meno interessanti per noi investitori.
Qui basta considerare che non ci sono più, come si sa, i tempi in cui investimenti di riferimento, ad esempio i titoli di stato, garantivano rendimenti dal 5 al 10 per cento. Sappiamo che oggi i tassi sono negativi. Gli stessi titoli di stato, bot, btp… l’ultima asta del bot è stata negativa, come avviene ormai da tempo… quindi, con rendimenti di questo genere, il costo medio dei fondi va da un 1 a un 3 per cento in base alla tipologia, va da sé che non solo viene ridotto il rendimento potenziale del fondo, ma spesso questo rendimento diventa proprio negativo, e quindi contribuiscono in maniera determinante alla soddisfazione del cliente.
I più commercializzati, quindi si tratta soprattutto di fondi comuni di investimento, polizze assicurative e tutto quello che vanno a comprare questi strumenti, come ad esempio le gestioni patrimoniali, che sono gli strumenti prediletti da parte dell’industria bancaria perché producono spesso commissioni all’entrata, nel mantenimento, e spesso anche all’uscita, e quindi generano un reddito costante per la
banca,
Gli strumenti più tradizionali, quindi ormai dimenticati, che sono azioni, obbligazioni, od anche gli etf, che sono strumenti sempre più diffusi ed hanno costi di gestione all’incirca di un 80-90 per cento più bassi dei fondi comuni
Un altro modo è, anche questo è banale, ma è importante ricordarlo, perché spesso non viene rispettato… una piccola regola è sempre considerare che quando ci sono costi di ingresso, mi riferisco soprattutto alle polizze assicurative od a fondi comuni, ebbene anche evitare l’investimento stesso, perché significa matematicamente partire da un rendimento negativo. Stesso discorso vale anche per i costi di uscita; quindi, quando abbiamo uno strumento che genera costi di uscita, quindi che mi vincola per un certo periodo di tempo, forse due domande ce le dobbiamo fare, anche perché se l’investimento si rivelasse non confacente alle nostre aspettative, saremmo vincolati a mantenerlo oppure, se vogliamo uscire, dobbiamo spendere, quindi certamente considerare quando ci sono costi di entrata e di uscita, che non è obbligatorio fare quell’investimento. Un costo di gestione, anche per dare un riferimento che possa essere adeguato, va da mezzo punto percentuale all’un per cento, quando si va oltre
questo costo, che è bene verificare prima di fare l’investimento, forse un ragionamento è bene farlo
Gli strumenti ci sono. Chiaramente gli strumenti efficienti ci sono, non sono ai primi posti nella proposta della banca… è un motivo in più per dare, come d’altronde la legge dice, quindi la mifid 2 obbliga ed impone alle banche una comunicazione trasparente, vale veramente la pena non solo di considerare il rischio dell’investimento, e questo è sempre l’aspetto principale, ma poi di dare molta, sempre più attenzione ai costi stessi, perché possono vanificare tutta la soddisfazione che mi può arrivare dall’investimento.
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