Cresce l’interesse per le strategie Smart Beta, che si stanno diffondendo sempre più nel mondo degli ETF, dei fondi e delle gestioni patrimoniali. Ma di che si tratta? Lo spiega il professor Fabrizio Crespi, ricercatore di Economia degli intermediari finanziari all’Università di Cagliari e alla Cattolica di Milano.
Le Smart Beta sono strategie semi attive o semi passive basate su criteri di ponderazione diversi dalla capitalizzazione di mercato. Per formularle si cercano regole meccaniche d’investimento che portino nel tempo ad avere degli extra rendimenti. Come si scelgono queste regole? La logica è fare delle analisi e rilevare quali fattori, nel tempo, incidono sui rendimenti. In particolare su quelli delle azioni. L’idea di base? Che il mercato non si muove in modo “random” ma esistono ricorrenze continue e perduranti che possono essere sfruttate. Insomma, l’opposto di quanto affermato dalla teoria classica.
Sarà vero? Le opinioni a proposito si dividono. Chi sostiene le strategie Smart Beta presenta dati secondo cui alcune scelte e alcuni fattori ci possono far ottenere extra rendimenti. Ma nel mondo accademico c’è anche chi pensa che una strategia basata su rendimenti passati possa valere solo in certi periodi e non in altri. E in effetti, conclude Crespi, le strategie Smart Beta non vanno sempre bene.
Normalmente i vari tipi di strategie Smart Beta sfruttano fattori di rendimento studiati anche in campo accademico. Ad esempio le strategie Smart Beta “value” si basano sull’analisi di indicatori come il press earning che, secondo noti studi accademici, possono dirci se un’azienda avrà o no rendimenti nel corso del tempo. Poi ci sono le strategie “quality investing”, che individuano i titoli su cui investire basandosi sulla qualità della società, degli utili e dei dividendi. E infine ci sono strategie “momentum”, che investono nei titoli andati meglio negli ultimi mesi.
Adottare una strategia Smart Beta “momentum” significa investire, soprattutto nel mercato azionario, nelle aziende che sono andate meglio nel periodo appena trascorso. Ad esempio, potremmo prendere il mercato azionario europeo e vedere quali aziende hanno avuto la performance migliore e quali la performance peggiore negli ultimi 12 mesi. Compreremo i titoli delle prime e venderemo quelli delle seconde. Buy the winners and sell the losers. Costruendo un portafoglio secondo questa logica, nei successivi 3, 6, 12 mesi dovremmo ottenere un extra rendimento interessante rispetto all’andamento del mercato.
Eppure qualcuno potrebbe pensare, al contrario, che se un’azienda è salita molto nell’ultimo anno allora nei prossimi mesi la performance si ridurrà. Perché esiste questo effetto momentum? La spiegazione che viene data è molto semplice e chiama in causa la finanza comportamentale. Quando un titolo va bene, l’informazione positiva non è immediatamente recepita dagli investitori. Quindi non è inglobata in modo rapido nei prezzi di mercato. Quando il prezzo salirà, ci sarà un effetto trascinamento. Che però non dura per sempre: infatti le strategie momentum sono sempre a breve termine. Questo tipo di ricorrenza, inoltre, a non riguarda solo il mercato azionario, ma una varietà di asset class.
Ma in definitiva la strategia “momentum” durerà? O è legata solo al recente periodo di crescita dei mercati? Non è facile a dirsi. Ma è un elemento in più da aggiungere al nostro portafoglio.
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