Banche, clienti e consulenti: serve un salto di qualità | Mercati che fare

Il sistema bancario, oggi, deve innanzitutto bilanciare costi e ricavi per tornare a produrre utili senza creare disservizi ad una clientela che ha sempre più necessità di consulenza. Come trovarla e valutarla. Riflessioni sulle banche, in studio con Massimo Fracaro, responsabile de “L’ Economia” del Corriere della Sera.

L’estate sta finendo, ma i problemi per quanto riguarda la gestione del risparmio un po’ meno.

Molto in voga sono le questioni riguardanti il sistema bancario, per ovvie ragioni. Costa sta accadendo alle banche?

Per il sistema bancario la stagione delle emergenze, forse, è finita. Senza soffermarsi troppo sulle singole realtà, bisogna soffermarsi sulle criticità insite nello stesso modello di business delle banche. Il percorso sempre più veloce verso l’home ed il mobile banking mette ancora più a nudo l’inefficienza di un impianto fondato ancora troppo sulla presenza fisica. il confronto col resto d’Europa, pubblicato dal FMI, rivela quanto siamo in ritardo nella ristrutturazione dell’industria del credito. In italia opera uno sportello bancario ogni 2000 persone circa. Nei Paesi Bassi, uno ogni 10000. Ancora peggio la struttura dei costi che, in proporzione ai ricavi, è la peggiore di tutti, Germania esclusa.

E se volessimo fare un confronto diretto con i cugini spagnoli, emerge con forza l’inadeguatezza dei nostri interventi. Dalla crisi del 2008 al 2015, il numero di filiali spagnole è sceso del 32%; in Italia, solo del 15,4%. Lo stesso vale per il numero di dipendenti, calati in Spagna del 27%, e solo dell’11,5% da noi.

Senza ridurre i costi, sarà difficile tornare ad avere la redditività necessaria. Bisogna cambiare radicalmente il modo di fare banca. Qualcosa è stato fatto ma, ancora una volta, a casa nostra sembra solo l’inizio.

Nonostante i salvataggi, anche recenti, l’immagine delle banche italiane è ancora lesa…

La situazione adesso è abbastanza sotto controllo. Le banche sono state abbastanza puntellate, vedi MPS. L’autunno pare aprirsi meno gravemente dei precedenti. Le banche sono comunque di fronte ad un bivio epocale. Il modello di business della banca commerciale (raccolta e prestito) è adesso decisamente debole. Veniamo da anni di presidio del territorio, con moltissime filiali e forte aumento dei costi.

Il bivio delle banche è il seguente: ridurre i costi… ad ogni costo. Questo perché la redditività non è più quella di un tempo, per varie ragioni, oltre che per i troppi costi stessi. Le banche devono quindi incominciare a guardare alla redditività, bisogna fare veri profitti. Come? Cambiando il modello di business per imprese e risparmiatori.

Rapporto tra costo del personale e patrimonio totale. In Italia in assoluto il più alto…

Incide tantissimo sui bilanci. Il patrimonio bancario è stato svalutato dalla crisi, quindi l’indicatore ne risente. Va detto che la struttura del territorio italiano facilita la diffusione di filiali. In Francia e Gran Bretagna ci sono molte grandi città; da noi siamo parcellizzati, con molti, troppi comuni.

Visti i dati di prima sugli sportelli, si può ben dire come 4 di essi su 5 siano inutili…

Nei Paesi bassi, ad esempio, c’è un grosso sviluppo della digitalizzazione. Una delle prime e principali banche online, ING, è olandese. Hanno fatto molto nella tecnologia. Le loro banche, tra l’altro, sono sempre state molto collegate alle imprese, alle corporation, lavorandoci davvero a strettissimo contatto. Hanno permesso lo sviluppo di società come Royal Dutch Shell e Philips, per dire. Ed hanno permesso alla nazione di sviluppare, nei secoli, un interscambio notevole con le nazioni dei paesi in via di sviluppo (passato coloniale).

Quando si parla di cambiamento del modello, a cosa si pensa?

Le banche italiane vivono raccogliendo soldi e prestandoli con interessi oggi risibili, persino negativi. Nel passato questo margine di interesse è stato la principale, se non l’unica, fonte di ricavo degli istituti di credito. Tassi negativi ed inflazione bassa hanno drasticamente ridotto questi guadagni.

Si tratta di cambiare. Soprattutto nei confronti delle imprese. Si tratta di passare da un sistema bancocentrico, ma che funziona male. Gli istituti di credito devono accompagnare di più le imprese verso la Borsa, magari sfruttando i PIR, ed aiutarle ad emettere bond, visto il momento favorevole. Le banche devono evolvere verso una consulenza alle imprese.

Per quanto concerne i clienti, bisogna assolutamente digitalizzare il più possibile, per contenere i costi. E bisogna offrire più soluzioni d’investimento. Le persone devono pianificare a lungo termine i propri investimenti, e le banche devono offrire consulenza per questo. E ci deve essere mobilità, molta di più, che da noi, chissà perché, è pressoché sconosciuta…

Questa rivoluzione, questa riduzione drastica, potrebbe portare dei disservizi ai risparmiatori?

Si spera che qualunque disservizio sia solo temporaneo. Potrebbe invece essere l’occasione per aggiornare i sistemi informatici, ed avere dei servizi tecnologici molto più avanzati. L’occasione dell’integrazione tra istituti di credito è proprio la più propizia per ridurre i costi ed implementare servizi ad alto valore aggiunto. Tra questi ultimi, c’è sicuramente il servizio di consulenza ai risparmiatori, che ne hanno tanto bisogno.

Nel Regno Unito, parecchio diverso ed avanti a noi in questo campo, hanno fatto un’indagine. Differenze tra chi ha un consulente e chi no…

Fine del fai da te, e necessità di consulenza professionale per gestire i risparmi. Se accettare questa nuova, inevitabile realtà non è sempre immediato, l’esperienza di chi ha metabolizzato questa esigenza può essere d’aiuto. Uno studio in Gran Bretagna, dove l’attenzione al risparmio è molto elevata, dimostra che affidarsi ad un consulente conviene anche in termini di rendimento effettivo. Tra il 2012 ed il 2014, chi si è affidato ad un consulente ha guadagnato in media 45.000 euro in più rispetto a chi non lo abbia fatto.

Grazie al supporto professionale, i clienti hanno aumentato la propria predisposizione al risparmio ed all’investimento in azioni. Questo ha consentito di migliorare la performance. Gli individui più colti e benestanti hanno accumulato in media un 17% in più in asset finanziari. Per i clienti con minori disponibilità, il dato sale al 39%. Nei piani pensionistici, gli aumenti sono stati del +16% tra gli affluent, del +21% nei clienti tradizionali.

La fiducia nella consulenza cresce, ma la ricerca riporta in conclusione una nota dolente. Nonostante le difficoltà oggettive, ed i dati rilevati, solo il 16,8% dei clienti, di ogni fascia, sceglie di affidarsi ad un consulente.

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