Risparmio: il clima sta cambiando | Mercati che fare

Tante le sfide dell’educazione finanziaria degli italiani, a dirlo è l’indagine 2017 del Centro Studi Einaudi. Emergono una nuova attenzione in tema di indipendenza economica, previdenza e una nuova generazione più consapevole. Emerge la necessità di un risparmio più consapevole e da utilizzare meglio. Ospite Salvatore Carrubba.

Ogni anno il Centro Einaudi presenta una ricerca sul risparmio degli italiani. I dati del 2017, fino a marzo, presentati quest’anno, sono più confortanti di quel che si pensi. Sembra che l’Italia si stia risvegliando, e la stessa cosa stia facendo il risparmio.

Qual’è il quadro generale che emerge da questo studio sul risparmio?

L’indagine si svolge da più di 30 anni, quindi la casistica è molto ampia e molto variegata. Quest’anno si confermano alcuni segnali già manifestati negli scorsi anni.

La ripresa di cui si parla nei giornali sembra effettiva, e non smentibile. La ripresa c’è sia a livello europeo che nazionale. C’è una propensione delle famiglie ad aumentare risparmio; anche la fiducia delle famiglie sta crescendo. Certi fenomeni negativi, come la crisi del ceto medio, stanno cominciando a rientrare.

Il rapporto definisce questa ripresa “a moduli”, perché non è una ripresa generalizzata al 100%; non c’è uniformità né di aree geografiche, né sociali. E’ una ripresa tirata innanzitutto dall’export, e solo in seconda istanza dal consumo delle famiglie. Rispetto al clima veramente cupo che si respirava fino all’anno scorso, comunque, il vento è veramente cambiato.

Chi volesse scaricare il rapporto nel suo complesso, ed i documenti collegati, può farlo dal sito del Centro, qui.

Sembra che il contribuente/risparmiatore italiano stia ritrovando l’indipendenza. Sale molto rispetto allo scorso anno. Ed è un dato importante.

E’ un dato tra i più interessanti di quest’anno. Le famiglie italiane hanno ritrovato un’indipendenza notevole; diciamo che si dichiarano finanziariamente indipendenti. Questa positività si manifesta anche per particolari fasce sociali considerate prima a rischio; quindi, in primo luogo le donne lavoratrici ed i giovani, soprattutto questi ultimi.

Le famiglie italiane riscontrano quindi una maggiore disponibilità. Cresce dal 47,2% al 60,8% chi ritiene il proprio reddito sufficiente o più che sufficiente. Questa tendenza si è manifestata proprio in quest’ultimo anno.

La sufficienza del reddito deriva, molto più che prima, dalla centralità che ha il lavoro dipendente. Ed è certamente una buona notizia. La qualità dell’occupazione stessa sta migliorando.

Se migliora la qualità del reddito migliora anche quella del risparmio. I risparmiatori salgono al 43%, e risparmiano l’11,8% del reddito, e si parla sia di risparmiatori intenzionali che non intenzionali…

La differenza tra i due è che non intenzionale alla fine dell’anno si trova con un saldo tra spese e ricavi positivo. L’intenzionale è quello che lo fa perché vuole proprio investire. l’11,8% è particolarmente significativo perché numeri del genere non si vedevano dal 2002. C’è quindi la conferma dell’italiano come un popolo fortemente risparmiatore. 4300 miliardi da parte, in continuo aumento, compreso quello del valore immobiliare.

C’è più attenzione anche verso la parte previdenziale, sembra. E quindi pare che anche questa orienti la scelte di investimento…

E’ un aspetto che è collegato alla comprensione delle riforme pensionistiche. Capiscono che probabilmente non prenderanno più la pensione come una volta…. ma fortunatamente non emerge un dato particolarmente pessimista. Una forte percentuale di persone non sono terrorizzate da ciò che le attende.

L’aspetto previdenziale vale soprattutto per i risparmiatori di mezza età, non per i giovanissimi. Questi ultimi risparmiano soprattutto per esigenze di breve termine o per far fronte ad imprevisti.

La propensione al risparmio è naturalmente veicolata anche dalla voglia di comprare casa, e dal fornire aiuto ai figli.

Guardando il “diamante” dei motivi di investimento, la sicurezza però resta il primo posto.

Sì, sicurezza al primo posto. Ed è una tendenza che si manifesta già da qualche anno. Con rendimenti molto bassi, la gente è abbastanza disorientata; la prima cosa che cerca è quindi la sicurezza, quasi la paralisi. 1340 miliardi sono infatti sui conti correnti, fermi. L’orientamento d’investimento è in diminuzione per le obbligazioni, in aumento sulla borsa, ed in crescita anche sul risparmio gestito.

Poi c’è la liquidità, anche per emergenze. Solo in fondo vengono i rendimenti, e prima quello di breve periodo rispetto a quello di lungo periodo.

La “carestia” dei rendimenti rende, infatti, sempre meno attraente l’investimento obbligazionario. Il 30,4% non si ritiene infatti soddisfatto dell’aver investito in obbligazioni, e la percentuale è in continuo aumento negli ultimi tre anni.

L’aspetto positivo è, però, la fine dello spettro della deflazione. E, visto che l’inflazione al 2% è raggiungibile, si può pensare che il periodo dei tassi a zero stia per finire. Quindi anche le obbligazioni hanno margini di risalita.

La liquidità, però, è in salita. Altri 40 miliardi su strumenti che non generano alcun ritorno…

Le scelte di investimento si polarizzano. Infatti sale la liquidità. Purtroppo, c’è da notare che molta gente si avvicina al risparmio gestito per lavarsi le mani dalla responsabilità di investire, e quindi sceglie solo sicurezza con liquidità, ma non rischio per investire.

Qualcosa si sta, per fortuna, muovendo nell’ambito dei risparmiatori più giovani, che mostrano una maggiore propensione e capacità di risparmio rispetto agli ultimi anni.

Il risparmio gestito, comunque, sta crescendo moltissimo…

Gli italiani credono che le forme del risparmio gestito siano quelle che possono meglio garantire i loro obiettivi. Quindi, rendimento migliore di quanto si riesca a fare da soli. Perciò, nonostante tutto, meno obbligazioni.

La crescita del risparmio gestito, fenomeno che sembra ineluttabile, farà crescere anche la voglia di informazione finanziaria.

Una parte delle ricerca si è concentrata sulla qualità dell’alfabetizzazione finanziaria. Che cosa ne è venuto fuori?

Non molti italiani hanno una literacy finanziaria. Sono in aumento, ma sono ancora troppo pochi. L’aumento maggiore è, per fortuna, tra i giovani. E questa nasce  dal fatto che sono abituati, fin da subito, a sapersi gestire. La “paghetta” non serve solo per cose futili, ma anche per responsabilizzarsi finanziariamente.

E’ emerso anche che si sa di più di economia e finanza si fida più del prossimo, investe di più nel volontariato. Si tratta quindi di una espressione di qualità sociale più alta.

L’aumento del risparmio gestito significa anche che c’è maggiore fiducia verso i consulenti, sia indipendenti che di rete o bancari?

Sicuramente sì. Visto che aumenta lo spettro delle possibilità d’investimento, aumenta la fiducia nei professionisti del risparmio. Cercare di investire correttamente non è come mettere i soldi sotto il materasso o nel buono postale.

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