MiFID II ha elevato l’attività di consulenza finanziaria a tutela dei risparmiatori. Si parla sempre più di qualità, in un’epoca di tassi bassissimi, rendimenti non facili da conseguire e una particolare attenzione agli elementi di rischio connaturati agli investimenti. Leopoldo Gasbarro e Maurizio Bufi, presidente dell’Anasf, l’associazione nazionale dei consulenti finanziari, discutono dell’importanza di trovare un orientamento.
Oggi è fondamentale saper riconoscere un consulente di qualità. In questo MiFID II dovrebbe aiutare, perché ha due scopi: tutelare ancora di più il risparmiatore che vuole diventare investitore e garantire che nuove regole di qualità guidino il lavoro degli intermediari. Secondo le indicazioni dell’Esma, l’autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, anche il collocamento attraverso filiali e sportelli di prodotti finanziari al pubblico retail sarà equiparato alla prestazione di un servizio di consulenza di base e dovrà quindi essere svolto da personale certificato da enti terzi.
Quali saranno quindi le competenze richieste ai dipendenti degli istituti bancari che si relazionano con i clienti? Formazione, certificazioni, aggiornamento professionali saranno sempre più importanti. Le nuove linee guida prevedono il possesso sia di un’appropriata qualificazione sia di un’appropriata esperienza relativa alla prestazione del servizio.
L’obiettivo finale è salvaguardare e valorizzare il risparmio, risorsa importante delle famiglie e della nazione. Ma oggi più che mai il rendimento va coniugato col concetto di rischio. E in questo senso la normativa aiuta, perché attribuisce al consulente la responsabilità di individuare portafogli personalizzati. Una specificazione che prima non c’era. Il consulente finanziario è capace di interpretare le aspettative, le paure, le ansie della clientela. Un elemento che fa parte del bagaglio necessario della professione. La sua importanza startegica è testimoniata dallo svilupparsi della finanza comportamentale.
In tal senso, i consulenti finanziari iscritti all’albo partono da un vantaggio competitivo. Titoli di studio ed esperienza sul campo sono infatti le caratteristiche fondamentali per farne parte. Se ne parlerà anche al prossimo appuntamento Consulentia, che si terrà a Torino il prossimo 19 e 20 settembre.
Attualmente ci sono più di 55mila persone fisiche iscritte all’albo. Vanno aggiunti poi circa 35mila attivi sul mercato, un blocco di soggetti “silenti” che hanno titolo per operare ma non hanno mandato.
Oggi l’albo è stato ridisegnato e include tre sezioni: consulenti finanziari abilitati e altri due soggetti, gli autonomi e le società di consulenza.
Fino a 5 anni fa la percentuale del risparmio degli italiani era lontana dal 10%. Oggi siamo a oltre il 12%. E MiFID II sta ulteriormente cambiando questo scenario.
Inoltre, secondo un sondaggio internazionale di BlackRock, l’Italia è leader in Europa nell’uso della consulenza finanziaria. La più grande società di investimento nel mondo ha analizzato il sentiment di oltre 28mila investitori nel mondo. In particolare, il 59% degli italiani si affida al consulente bancario, il 24% al consulente finanziario appartenente a una rete, l’11% al private banker.
In media, il 43% degli italiani sarebbe disponibile a pagare una commissione annuale in cambio di una consulenza finanziaria riconosciuta come “di valore”. Se si considerano i millennials (25-34 anni) poi, il valore sale al 60%.
Le qualità più apprezzate dei consulenti finanziari? In primis la capacità di capire gli obiettivi di breve termine e fornire consigli in linea col proprio profilo di rischio. Subito dopo, al 39%, la frequenza di contatto.
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