In questo episodio, Paolo Mieli intervista Luigi Cannari, Vice Capo del Dipartimento di Economia e Statistica della Banca d’Italia, sul tema Ricchezza e Indebitamento.
Negli ultimi anni, anche a seguito della crisi finanziaria del 2008, le famiglie italiane hanno modificato la gestione della loro ricchezza, sia nelle componenti reali che in quelle finanziarie, come anche nell’indebitamento.
Lo stato unitario italiano, fino dal 1861, è sempre stato indebitato. Le cause sono state le guerre per l’unificazione, e l’unificazione stessa. I primi grandi uomini politici post-unificazione, come Giovanni Lanza, Quintino Sella e Marco Minghetti, dovettero affrontare questo problema, ovviamente. L’idea era di arrivare al pareggio di bilancio, che fu raggiunto nel 1876, con la “politica della lesina“. Dopo di allora, come ben sappiamo e vediamo, i problemi di bilancio si ripropongono costantemente.
Quali sono le caratteristiche del nostro Paese? Uno stato che ama spendere, compensato da cittadini che amano risparmiare. Fra questi due termini si gioca l’intera partita.
La ricchezza delle famiglie è composta dalle attività reali, come immobili o terreni. E dalle attività finanziarie, come depositi, obbligazioni, azioni, fondi pensione. La quota di attività reali nel totale della ricchezza delle famiglie italiane si è ridotta; essa ha risentito del calo dei prezzi delle case. La predilezione degli italiani per il mattone è ancora viva; il possesso dell’abitazione di residenza resta più diffuso in Italia rispetto ai principali paesi europei. Le attività finanziarie hanno subito un calo nel periodo della crisi, per recuperare negli anni successivi.
Dal 2008 si osserva un riduzione dei titoli obbligazionari, insieme ad una crescita di interesse per i prodotti del risparmio gestito. Quindi, maggior interesse per fondi comuni, polizze vita, fondi pensione. Le famiglie italiane si indebitano più che nel passato; la recente ripresa del reddito, ed i bassi tassi di interesse, rendono il debito più sostenibile.
Nel complesso, i bilanci delle famiglie italiane restano dunque solidi.
Essa è cambiata sia nelle componenti reali, che in quelle finanziarie, che nell’indebitamento. La ricchezza reale ha risentito del calo dei prezzi degli immobili, come detto; una riduzione del 15%. Ci sono stati cambiamenti anche nei portafogli finanziari, con una riduzione di titoli obbligazionari pubblici e privati. Dal 2011, in particolare, si è ridotto il peso delle obbligazioni bancarie, causa modifiche sulla tassazione e cambiamenti nella politica delle banche.
Ci si è quindi spostati in parte sul risparmio gestito, in parte sui depositi bancari. Nel primo caso, sono aumentati fondi comuni, fondi pensione e prodotti assicurativi. Nel fare questo, ci siamo avvicinati alla media europea, pur rimanendo ancora sotto ad essa.
Non necessariamente. Lo diventa quando ci siano condizioni per le quali non possa ripagare il debito contratto. Una famiglia è vulnerabile finanziariamente quando il rapporto tra il prestito ed il reddito supera il 30% del reddito.
L’indebitamento è importante per un’economia. Il debito ha utilità per ottimizzare i consumi nell’arco della vita; e lo ha anche per intraprendere attività di investimento. Il problema si ha quando il debito diventa molto alto. Se si verifica questa situazione, la famiglia diventa vulnerabile. Ed a livello macroeconomico, se c’è troppo debito familiare, vi è il rischio che si amplifichino gli shock economici, e trasmissione dello shock da un settore all’altro. Quindi, dalle famiglie alle banche, dalle banche al settore pubblico e viceversa.
Entrambi sono elementi di vulnerabilità. Diventa importante guardali insieme. E che l’eccesso di debito non vi sia da nessuna delle due parti. Questo perché ci possono essere shock trasmissibili a tutti i settori economici, come ricordato in precedenza.
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