Gli episodi che hanno tenuto alte le temperature finanziarie di agosto sono grani di un rosario di cattive notizie. Le notizie, le frasi ruvide di Trump nei confronti di Powell, le nuove minacce commerciali alla Cina, la risposta cinese con la svalutazione dello yuan, la crisi di Hong Kong, le primarie in Argentina, la politica inglese. Potremmo continuare. Ci sono almeno, però, tre elementi costruttivi ai quali ancorare le scelte allocative di queste settimane. La prima è che la recessione è soprattutto nelle paure dell’inversione della curva americana, nelle attese, ma non è nei numeri. Noi stiamo assistendo al rallentamento della fase espansiva più lunga della storia, 123 mesi, ma non ancora a una recessione. La curva invertita è certamente un elemento da non ignorare ma, al netto delle possibili molte considerazioni, c’è sempre stato un intervallo di 15-18 mesi tra l’inversione e l’inizio di una recessione, e anche se ci limitassimo a questo unico indicatore, avremo ad oggi ancora 12 mesi di autonomia. Il secondo elemento costruttivo è il fatto che i banchieri centrali restino accomodanti, quasi fossero impigliati nella rete da loro stessi tesa. La difficoltà è che la loro azione necessita del concorso delle politiche fiscali. Terzo elemento costruttivo è che il 2020 è un anno elettorale nessun presidente è stato rieletto con mercati e congiuntura economica sfavorevole. Trump, per quanto imprevedibile, farà estrema attenzione a non rompere il giocattolo. Ha bisogno che la borsa e l’economia reale restino positive.
Il fattore banche centrali merita qualche considerazione in più. In un anno elettorale, la FED resterà allineata e coperta. Alla BCE, a breve Christine Lagarde subentrerà a Mario Draghi, e alla retorica della diade falchi-colombe, preferisco quella tra pragmatismo e dogmatismo, e in questo senso Draghi, nel suo mandato, è stato estremamente pragmatico. Lo ha dimostrato anche in questi giorni. Sarà verosimilmente pragmatica anche la Lagarde, alle prese con le stesse difficoltà di Draghi: economia in rallentamento, inflazione in ritardo, ma soprattutto solitudine. I mercati sembrano credere al tocco dei banchieri centrali, un po’ come il popolo medievale credeva ai re taumaturghi di Marc Bloch; il re ti tocca, Dio ti guarisce. Non funzionava nella Francia del medioevo, non funziona oggi, con le banche centrali che non possono fare tutto da sole: devono essere affiancate da adeguate politiche fiscali. Non c’è nessun tocco magico nella politica monetaria. In ogni caso i rendimenti sono scesi ulteriormente. E’ in territorio negativo il trentennale tedesco, il decennale ha testato nuovi record, e il titolo austriaco a 100 anni è stato addirittura un outperformer scambiato a oltre 200, e ricordiamo che rimborserà cento nel 2117, ma il rimborso è a cento. I rendimenti negativi sono l’esito paradossale di questo tempo bizzarro. Non sono sostenibili nel lungo termine. Le politiche espansive rischiano di perdere di efficacia. I bazooka potrebbero avere l’effetto delle freccette se non ci sono anche i mortai delle politiche economiche. In ogni caso i bond a lunga scadenza col rendimento negativo sono da evitare perché esiste il rischio di un doloroso selloff nel caso di qualche sorpresa positiva.
Nonostante la stagione di risultati societari alla fin fine non così brillanti, Wall Street ha messo a segno nuovi massimi. Il rapporto price/earning forward è superiore a 17, ed è uno dei valori più alti degli ultimi 15 anni. Si tratta di valori che si basano soprattutto su due presupposti diversi. Il primo, lo abbiamo appena ricordato, è la fiducia nell’atteggiamento ancora accomodante delle banche centrali, una fiducia a nostro avviso ben riposta, almeno per il prossimo futuro. Il secondo argomento è l’assenza di alternative, perché il mercato obbligazionario certamente conserva sacche di opportunità e di rendimento, ma la componente governativa, tradizionalmente a 0 o a basso rischio, ha perso da tempo la funzione di alternativa alle azioni nelle fasi di mercato negative; il cosiddetto TINA, there is no alternative, sta dominando il gioco. Quindi, nella nostra asset allocation gli elementi positivi di cui abbiamo detto portano al sovrappeso azionario, ma è un sovrappeso contenuto, perché riconosciamo la fragilità dell’argomento TINA: valutazioni eccessive rispetto alle prospettive di utili. La nostra diversificazione è molto ampia, anche in strumenti che abbattono il rischio di inversione della direzionalità, ad esempio strumenti flessibili o strategie multi asset anche a bassa volatilità. Nonostante l’Argentina, il rallentamento cinese, il dollaro, le performance negative di agosto, il caso dei mercati emergenti per portafogli orientati al lungo termine resta immutato.
You can see how this popup was set up in our step-by-step guide: https://wppopupmaker.com/guides/auto-opening-announcement-popups/
You can see how this popup was set up in our step-by-step guide: https://wppopupmaker.com/guides/auto-opening-announcement-popups/