Mercati. Entriamo in una fase ‘post massimi’, per i portafogli significa prepararsi a rendimenti più contenuti, a più elevata volatilità, a un ambiente più favorevole alla gestione attiva. Outlook di gennaio presentato da Carlo Benetti, Market Specialist di GAM Italia.
Una trasformazione che tutti quanti stiamo già aspettando… il 2019 avrà la sua buona dose di novità, ma difficilmente sarà tre volte natale, per dirla con Dalla. La crescita globale, a nostro avviso ha toccato e superato il suo massimo. Entriamo nella fase post picco, caratterizzata da attività economica e utili societari in rallentamento. Del resto, aree economiche in piena occupazione hanno minori margini di crescita. Ci sarà il ritorno dell’inflazione, la normalizzazione delle politiche monetarie, la compressione dei margini.
Se a questo scenario aggiungiamo il poker dei rischi politici, ovvero le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti, l’erraticità del prezzo del petrolio, la Brexit, le elezioni europee, ecco che abbiamo la miscela perfetta per mercati inquieti e volatili.
Naturalmente no. Rallentamento non prelude recessione; altro è individuare una nuova fase del ciclo, quella che appunto fa seguito ai massimi, altro è decretarne la fine. I segnali della struttura dei rendimenti americana spesso sono amplificati erroneamente. Abbiamo altri indicatori che non mostrano l’imminenza di una inversione del ciclo. Gli indici ISM sia manifatturiero che dei servizi sono alti, le paghe orarie che continuano a crescere, e naturalmente sostengono i consumi.
Con il 2019 entriamo, è bene ricordarlo, nel decimo anno di espansione. A giugno saranno 120 mesi esatti di crescita un record registrato nel decennio 19991-2001 alle liste non ci sono economie sufficientemente robuste per raccogliere dagli Stati Uniti il testimone di traino dell’economia globale. Ciò nondimeno, il rallentamento della Cina è attentamente seguito dalle autorità di governo. La crescita è comunque attesa sopra il 6 per cento. Il barometro economico dell’Asia, e in particolare dell’India, resta orientato al bello, e lo stesso vale per l’america latina, dove tra l’altro cominciano a lavorare i due nuovi governi in Messico ed in Brasile.
Questo elenco non esclude evidentemente i rischi contrari, soprattutto quelli derivanti dalle minacce tariffarie, dalle mosse della FED e dai ricordati rischi politici. Ad esempio, gli eventi in Europa nei prossimi mesi, Brexit ed elezioni
per il rinnovo del parlamento.
Per gli investitori il 2018 è stato l’anno peggiore del decennio. Non si è salvato quasi nulla. Ha vinto la liquidità, la non scelta, la negazione dell’idea stessa di gestione del risparmio. Ma il successo della liquidità, esca che attrae il risparmiatore nella trappola del breve termine, è un successo effimero. I sostenitori della presunta supremazia del cash non fanno i conti con il tempo, l’altro pilastro che regge l’attività di gestione.
Per i portafogli, entrare nella fase post picco significa prepararsi a rendimenti più contenuti, ed a una maggiore volatilità. E’ anche un ambiente più favorevole alla gestione attiva rispetto alla comodità dell’aderenza agli indici offerta dalle soluzioni passive.
I molti possibili esiti delle molte variabili in gioco fanno sì che in questo anno peseranno più che in passato le scelte di asset allocation strategica, ovvero l’orientamento delle scelte nel lungo termine. Investitori, consulenti, gestori, dovremo tutti tornare ai basic, a ragionare cioè sulla relazione tra rendimenti, volatilità, correlazioni, che sono gli ingredienti principali della corretta costruzione dei portafogli.
Al netto di fattori imprevedibili, noi restiamo positivi sulle economie emergenti e sulle preferenze tematiche. Lusso e consumi, health care, tecnologia, sono strumenti efficaci anche per sfuggire alle tentazioni del breve termine, alla trappola del presente.
Per tornare alla canzone dell’inizio di questa nostra conversazione, l’anno che sta arrivando tra un anno passerà, e io mi sto preparando, canta Lucio Dalla. Appunto, prepariamoci.
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