Un nuovo appuntamento per la rubrica “Duetto” con Federico Trabucco, Responsabile European Equity Team e Andrea Ponti, Fixed Income Portfolio Manager di Kairos. In luce i recenti meeting di FED e BCE.
Di recente abbiamo avuto i meeting delle due più importanti banche centrali. Partiamo dalla BCE. La comunicazione di Draghi si è svolta secondo due direttrici. La prima è stato l’annuncio della riduzione dei titoli governativi e corporate, il tapering. Da 30 miliardi al mese, a settembre si passerà a 15, per esaurirsi alla fine dell’anno. La seconda è stato che un qualunque rialzo dei tassi è posticipato almeno all’estate del 2019.
Di diversa impostazione il meeting della FED. I tassi sono stati ancora rialzati di 25 bps, e molto probabilmente saranno rialzati ancora di 2 volte nel corso del 2018. Il rischio di inflazione è stato definito simmetrico. Quindi, un’impostazione molto diversa dalla BCE.
Tranquillizzanti in Europa quando Draghi ha spiegato il cambiamento di impostazione delle politica monetaria. Il messaggio è stato quindi convincente e tranquillizzante. Unica eccezione il settore bancario, che recepisce il messaggio di tassi bassi più a lungo. Quindi, con un Euribor negativo, come al momento, la principale componente di guadagno delle banche tarda ancora a farsi rivedere. Il settore, perciò, continua a sottoperformare.
Ci sono anche altri fattori che influiscono sul mercato azionario, come la turbolenza italiana o gli scambi di battute sulle guerre commerciali.
in questo caso sono triplici. I prima istanza, sulle curve monetarie. Il tasso interbancario americano continua a salire, mentre quello europeo continua a scendere. Quindi, il differenziale continua ad allargarsi. E ciò ha effetti anche in una seconda istanza, il tasso di cambio. Il dollaro si è ulteriormente rafforzato. Il terzo effetto è sulle curve dei tassi. Il meeting della BCE ha schiacciato la curva dei tassi dell’intera eurozona.
Niente sovrappeso sulla parte finanziaria. La scelta strategica sarà quando muoversi dalla parte ciclica a quella più difensiva; il vero rischio è di farlo troppo presto. Tra qualche settimana inizia la stagione degli utili americani, e quindi ci saranno altri elementi di valutazione. Lo scenario sottostante è, comunque, ancora di buona crescita.
La struttura dell’intero mercato è cambiata e sta cambiando. Origine del tutto è chiaramente la normalizzazione a cui le banche centrali stanno dando luogo, e quindi le loro politiche monetarie. Dopo otto anni di QE, la normalizzazione sta portando ad un repricing del mercato nella sua globalità. Il Treasury sui 10 anni USA che passa dal 2,2% di inizio anno alle soglie del 3% ha implicazioni e conseguenze a livello mondiale. E, chiaramente, molti paesi emergenti ne sono influenzati, in negativo.
Da qui ai prossimi mesi avremo quindi rendimenti attesi più bassi di quelli degli ultimi anni. La volatilità, invece, sarà crescente. Sicuramente, all’interno di questa situazione, ci sono delle opportunità d’acquisto. Due temi su tutti. Il primo è la periferia governativa europea. In seconda battuta, il segmento dei subordinati finanziari. 6,5 – 7% di valutazione su scadenze di 3-4 anni rappresentano buone opportunità per investitori di medio termine con capacità di sopportazione di rischio adeguata.
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