PIR, come evitare le trappole | Monitor Risparmio

I PIR continuano ad attirare l’interesse dei piccoli investitori italiani. Il 2017, primo anno dall’introduzione della normativa di favore per chi dedica il 21% del portafoglio a medium e small cap italiane, si è chiuso con una raccolta di circa 11 miliardi di euro; i segnali che arrivano dalle SGR indicano che la crescita sta proseguendo anche nel 2018. L’avvocato Fabio Ciani, dello studio Strategic Tax Advisors, approfondisce la questione.

I PIR sono stati un grande successo nel 2017 e anche il 2018 sembra essere iniziato in maniera positiva; l’estensione dell’universo investibile all’immobiliare, partita quest’anno, non sembra abbia riscontrato grande interesse sul mercato. A suo avviso quali sono le ragioni?

Il PIR punta a convogliare i risparmi delle famiglie verso l’economia reale, cioè le aziende, che hanno bisogno di trovare fonti diversificate rispetto alle banche. In questo senso si tratta di un’innovazione positiva. La diversificazione del PIR consente per altro di evitare una concentrazione e quindi una rischiosità eccessiva. La tipologia di asset e il settore merceologico sono frutto di scelte dei gestori, che di volta in volta si orientano verso quegli investimenti che appaiono più promettenti”.

In caso di cambio di residenza del sottoscrittore possono esserci problemi?

In effetti, una delle condizioni poste dal legislatore per accedere ai benefici del PIR è la residenza in Italia. Se il sottoscrittore si trasferisce all’estero, i vantaggi fiscali (nessun prelievo da parte del Fisco, a patto di rispettare i criteri indicati all’inizio dell’articolo e di mantenere l’investimento per non meno di cinque anni, ndr) vengono meno. Segnalo tuttavia che l’Agenzia delle Entrate ha diramato una circolare nella quale è specificato che, se il cambio di residenza avviene nell’arco dei cinque anni, periodo di consolidamento dei benefici fiscali, l’investitore conserva i benefici fiscali maturati fino al momento del trasferimento“.

Restiamo in ambito normativo, ma cambiamo settore. La Legge di bilancio 2018 ha allineato la tassazione delle partecipazioni qualificate a quella prevista per le “non qualificate”. Cosa comporta questo da un punto di vista fiscale? E’ possibile procedere a questa equiparazione anche in ambito immobiliare?

È stata riallineata la fiscalità tra partecipazioni qualificate e no, senza distinzioni quanto a settore, quindi compreso l’immobiliare. Il legislatore si è mosso per favorire la semplificazione e questo è un fatto indubbiamente positivo. Quanto alla convenienza individuale, non si possono tirare conclusioni a monte perché dipende dalla situazione di ciascun interessato“.

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