Un libro di economia diverso, molto intrigante dal punto di vista dei contenuti, ed anche controverso nelle teorie che cerca di dimostrare. Jim Leaviss parla con Stephen King, consulente economico di HSBC.
King ha recentemente pubblicato un libro di economia, piuttosto interessante. In esso si suggerisce che l’aumento del commercio globale e delle istituzioni globali guidate dagli Stati Uniti sin dalla seconda guerra mondiale non possono continuare. L’elezione di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti; il voto del Regno Unito per Brexit; l’ascesa della politica di estrema destra in Europa sono reazioni alle disuguaglianze che la globalizzazione ha prodotto.
La caduta del muro di Berlino, il crollo del comunismo e l’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) sono segnali. Segnali che potremmo essere più vicini alla fine del processo di democratizzazione globale e apertura dei mercati, piuttosto che all’inizio. Se gli USA dovessero ritirarsi dal loro ruolo a capo delle istituzioni globali del mondo, chi ne prenderà posto? La Cina? O ci sarà un vuoto di leadership?
Dal 1989 la globalizzazione ha ottenuto molti successi. Primo tra tutti la drammatica caduta della povertà in molte parti del mondo. Alcune delle economie più di successo nel mondo, però, non sono state democrazie. Prima tra tutte, ovviamente, la Cina. Anche alcuni dei sistemi politici più di successo sono diventati più autoritari nel frattempo. Nell’Occidente i tassi di crescita sono rallentati e la differenza nei salari è aumentata. L’Occidente non si sente confortato da questo, tutt’altro.
Ci sono svariate fonti di disuguaglianza per quanto concerne il reddito. In America l’1% della popolazione possiede quanto il restante 99%. In Gran Bretagna, Londra ed il circondario stanno bene, il Galles molto meno. All’interno dell’Europa, la Germania ha fatto molto bene, l’Italia molto male.
Naturalmente ci sono molte spiegazioni per cui le differenza di reddito e di salute economica siano sorte e diventate così marcate. In Europa, è la struttura stessa dell’Eurozona; nel mondo occidentale in genere la tecnologia ha portato alla riduzione del lavoro manuale, ed a pressioni al ribasso sui salari.
Politicamente, si dà colpa di tutto alla globalizzazione. Può non essere giusto, ma è indiscutibile che diversi sistemi politici si stiano arroccando dietro a questo. Si possono così spiegare fenomeni come l’elezione di Trump in America o Brexit in Europa. Tutte queste cose probabilmente sono riflessi della preoccupazione che la globalizzazione stia danneggiando le nazioni individualmente. Quindi, molti individui come tali vogliono indietro il senso di sicurezza che gli stati sovrani gli fornivano.
Una possibilità è il caos totale. Ovviamente non ci spera nessuno. Il punto nodale è che la globalizzazione è stata guidata non solo dalla tecnologia, ma anche dalle idee e dalle istituzioni. L’America è stata dietro a tutto questo. Lo è stata per il FMI e per la Banca Mondiale; la sua generosità con il piano Marshall ha aiutato l’Europa in maniera decisa; anche la stessa Unione Europea deve molto agli americani.
Con l’America che sembra essere più isolazionista, meno supportiva delle altre istituzioni, c’è spazio per altri. Ovviamente la Cina è la prima che viene a mente; potrebbe essere tentata di supportare la propria versione di istituzioni con le quali influenzare le regole del gioco. Due esempi sono la RCEP, una zona di commercio facilitata in Asia, a la AIIB, parte della “Belt and Road Initiative”, il progetto cinese per la nuova via della seta. Possiamo pensare anche alla SCO, un’organizzazione di sicurezza ed iniziative energetiche tra Cina, Russia e gli stati dell’Asia Centrale.
Uniamo il tutto insieme, ed avremo una mappa del mondo che assomiglia a come era prima della scoperta dell’America. Dopo questo fatto, nel corso dei secoli, il mondo è stato progressivamente americocentrico. La Cina sta certamente cercando di fare qualcosa di diverso. Sembra che la Storia sia “ritornata indietro”. E questo non solo riguardo ai modelli di economia, ma anche di diverse istituzioni che modellano le nostre vite nel mondo.
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