Consulenza. Cos’è la trasparenza dei costi? | Moneyfarm

Anche in Italia i costi della consulenza finanziaria dovrebbero essere trasparenti. Il co-fondatore di Moneyfarm, Paolo Galvani, spiega la differenza tra offrire un servizio di consulenza e collocare un prodotto finanziario.

Quanto costi un servizio di consulenza finanziaria è una domanda a cui non è sempre facile dare una risposta. Nella consulenza finanziaria indipendente, il cliente paga una parcella al professionista. In Italia, invece, il settore è dominato da banche e da reti di consulenti finanziari (gli ex promotori). Il sistema si fonda sulle retrocessioni delle società di gestione ai collocatori; queste retrocessioni rappresentano per i clienti, spesso, costi poco chiari. In Europa si discute da tempo della scarsa trasparenza di questo sistema.

La consulenza finanziaria ha sempre un costo, anche se apparentemente non ne ha?

E’ proprio così. Con la consulenza finanziaria, il cliente paga in maniera trasparente e diretta il costo di riceverla. Con le reti più tradizionali, e con le banche, la parcella viene inclusa nelle commissioni di gestione del prodotto stesso.

Le società di gestione, quando gestiscono un prodotto finanziario, hanno delle commissioni; parte di queste vengono retrocesse alle reti di vendita, alle banche o agli ex promotori proprio per il servizio di collocamento. Questa commistione tra costo di consulenza e quello di prodotto rende le cose complicate. Dal punto di vista del cliente, è difficile capire quale sia il vero valore. Può anche generare conflitto di interesse, nella misura in cui prodotti a prezzo più alto vengono collocati con maggiore interesse.

Sarebbe importante prendere esempio e spunto da altri Paesi, prima tre tutti la Gran Bretagna. Qui, dal 2013, il costo della consulenza e quello del prodotto vengono separati. Il cliente, così, capisce maggiormente cosa stia pagando.

Qual’è la situazione in Italia?

In Italia la fornitura di servizi su base indipendente è ancora abbastanza limitata. Le reti e le banche si muovono su modelli tradizionali, continuando a mantenere costo di prodotto e costo di consulenza come un unicum.

Quindi la scelta della tipologia di consulenza ha sempre un impatto sul rendimento del portafoglio?

Nel caso dell’indipendenza siamo in totale assenza di conflitto di interessi. L’interesse del consulente è quello di fare il bene del cliente, ovviamente. Soprattutto se pensiamo a diversi casi recenti, dove ai clienti sono stati venduti prodotti non proprio adatti alle loro esigenze, tutt’altro.

Il tema centrale è dunque il conflitto di interessi…

La consulenza non è vendere un prodotto. E’ capire quello che sia il bisogno di un cliente, il suo obiettivo, il suo profilo di rischio. Di conseguenza, trovare le soluzioni finanziarie adeguate. Lo strumento finanziario è solo quello, uno strumento. Con i servizi indipendenti, tutto questo è molto chiaro. Vengono separati i due ambiti, rendendo il processo trasparente e diretto.

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