Cosa sono i PIR? Come funzionano? Ma soprattutto, convengono? Il punto nelle parole di Claudio Tosato, Responsabile Divisione Prodotti di Anima Sgr, ospite di Chiara Signorile nel programma “I vostri soldi” su Class CNBC.
I Piani Individuali di Risparmio sono un nuovo strumento finanziario introdotto dal governo italiano a dicembre 2016 con l’ultima legge di bilancio. I PIR possono essere definiti come un contenitore fiscale, una forma d’investimento a medio termine nata con l’obiettivo di veicolare i risparmi degli italiani verso le nostre piccole e medie imprese. Facendo contenti tutti: perché, rispettando alcune regole, i PIR sono esentati dal pagamento di qualsiasi imposta sul capital gain.
Le regole da rispettare sono tre.
La prima regola riguarda il tipo di investitore. I PIR infatti sono rivolti alle persone fisiche, ai risparmiatori privati residenti in Italia, che possono investire in PIR da un minimo di 500 euro fino a 30mila euro l’anno.
La seconda regola riguarda gli investimenti. Il 70% deve essere destinato a strumenti finanziari (cioè azioni e obbligazioni) emessi da imprese italiane o imprese europee che abbiano però una stabile organizzazione in Italia. Di questo 70%, almeno il 30% deve essere indirizzato verso imprese che non sono inserite nell’indice Ftse Mib di Borsa italiana.
La terza regola è sui tempi: l’investimento deve essere mantenuto per almeno 5 anni, con un importo complessivo massimo di 150mila euro. In questo modo, le imprese potranno trarre effettivo beneficio dall’afflusso di capitali. Alla fine di questo arco di tempo, l’investitore privato potrà a sua volta godere di una significativa agevolazione fiscale, che può arrivare fino al 27%.
Si può fare una liquidazione parziale prima dei 5 anni? Sì, senza alcuna penalizzazione. Attenti però, perché la liquidazione che non rispetta il vincolo temporale è soggetta a tassazione!
Per investire sui PIR serve un deposito titoli particolari. La ragione principale è nello specifico regime di tassazione agevolata.
PIR compliant è un’espressione che definisce prodotti conformi alla normativa sui PIR. Possono esserlo ad esempio le unit o i fondi comuni di investimento. Quando questi prodotti finanziari hanno il “bollino” PIR compliant, il gestore rispetta i vincoli del 70% in aziende italiane e di questo 70% un 30% in imprese di piccola e media capitalizzazione.
Non mancano le critiche ai prodotti PIR compliant. Intanto c’è chi si lamenta del fatto che il bacino di titoli su cui questi strumenti possono investire sono pochi, e che ci sia quindi il rischio d’illiquidità.
Claudio Tosato non ha dubbi a proposito: il governo ha previsto un meccanismo virtuoso che porterà a un allargamento del mercato e quindi a un incremento della liquidità. Lo stesso decreto che ha istituito i PIR infatti ha previsto che l’investimento dei risparmiatori italiani sia graduale. Con un tetto di 30mila euro all’anno, ci si può aspettare una media di 15mila euro. Le risorse affluiranno lentamente nel sistema, arrivando a stabilirsi, secondo le stime governative, sui10 miliardi a 4-5 anni. Somme assolutamente gestibili dal mercato. E man mano che le risorse saranno disponibili, altre imprese saranno incentivate a entrare nel mercato.
E come si difendono le Sgr dall’accusa che i PIR siano troppo cari? Claudio Tosato ha una risposta anche per questo: i PIR non sono più cari di altri prodotti del risparmio gestito. “La gestione del risparmio ha un costo, a fronte di benefici e tutele innegabili rispetto al fai da te. Una Sgr garantisce un’alta diversificazione, elevata competenza nel selezionare i singoli titoli, un’attenta gestione dinamica del portafoglio: questo ha un costo. Ma la notizia è che, secondo un’indagine di Anima Sgr, il pricing dei PIR non è assolutamente più alto di quello di prodotti analoghi”.
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