Il comparto del design è sempre più trainato dalle esportazioni. Lo conferma il presidente Assaredo Claudio Feltrin nel suo intervento all’ultimo Design Summit di Pambianco ed Elle Decor.
L’esportazione italiana di arredo di design funziona bene. Fino al 2003 eravamo ancora i primi produttori ed esportatori di arredo nel mondo. Poi siamo stati superati dal gigante Cina. Tuttavia ancora oggi per la Cina siamo il primo fornitore in assoluto, con 346 milioni di dollari. Per gli Stati Uniti siamo il primo fornitore europeo, con 994 milioni di dollari.
Le nostre 29mila aziende producono 20 miliardi di fatturato. La metà è rappresentata dall’esportazione: il 53% in UE, il 47% extra UE.
Il mercato principale è l’Europa. Poi viene l’America, con un consumo di 99 miliardi e il 30% di importazioni. E la Cina, che ha un consumo interno del 75% de in importazioni pari solo al 3,3% del fabbisogno. Questo indicatore dà la misura delle future opportunità offerte da questo mercato. Non a caso il Salone del Mobile ha deciso per la prima volta l’anno scorso di presentarsi a Shangai e portare in maniera più tangibile l’italianità in un paese con grosse potenzialità di sviluppo.
L’Italia sta recuperando, grazie all’esportazione ma anche a strumenti messi a disposizione dal governo dal 2013 in poi, come il bonus mobili. La produzione dell’arredo ammonta a circa 23 miliardi di dollari. Tra import ed export, il comparto del design genera un surplus di 8,2 milioni di dollari. La Germania, per fare un esempio, ha gli stessi volumi di produzione del mobile, ma ha saldo 0. Le ragioni sono due: i consumi interni sono più elevati e al tempo stesso il paese importa prodotti semilavorati più avanzati o addirittura prodotti finiti.
Ormai la battaglia diventa planetaria. L’internazionalizzazione è la via obbligatoria per il comparto del design. Il mercato interno infatti non può più supportare la crescita. Ed è quindi necessario attrezzarsi. Secondo Claudio Feltrin, il modello italiano è vincente ma si deve adeguare rapidamente. Per fortuna, gran parte delle aziende di successo si sono trasformate: da “semplici” produttrici di mobili ad aziende di brand.
Arper, oggi una delle più affermate aziende di interior design italiane, esordisce nel 1989. Produce da subito una propria linea, che andava portata verso il mercato. Il mercato interno era all’epoca presidiato da grandi brand e strutture industriali molto forti. Ecco perché la giovane società si orienta verso il mercato estero. Una vocazione che si è mantenuta nel tempo: oggi Arper fattura all’83% all’estero. In mezzo c’è stato un importante cambiamento. Nei primi 10 anni di vita, infatti, l’azienda si rivolge al mercato casa. Poi ambia rotta per continuare a crescere: attraversa un processo di managerializzazione e si rivolge al settore “soft-contract”. “Siamo partiti da un fatturato di circa 5 milioni di euro arrivando a un fatturato che si aggira intorno ai 72 milioni di euro. La lezione è saper sfruttare con coraggio le opportunità che si creano”.
La finanza ha un ruolo strategico nella crescita del settore. “Questo mare di opportunità ha bisogno di grandi investimenti“, spiega Feltrin, “e magari anche le aziende più sane hanno un po’ di timore ad affrontarli”.
La prima ondata di finanza nel comparto del design è partita nei primi anni 2000. Secondo Feltrin, tuttavia, l’atteggiamento della finanza verso il settore del mobile è un un po’ troppo aggressivo, misurato su alcuni altri comparti, come il fashion, con dinamiche diverse e ritorni di investimento più brevi.
Le aziende devono certamente rimettersi in ordine in termini di gestione. E bisogna trovare la giusta operazione finanziaria, la ricetta più adatta, per creare una sinergia.
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