Volatilità. Forse non tutti sanno che ha due facce | Anima SGR

L’altra faccia della volatilità, uno dei fenomeni finanziari più conosciuti e più temuti. A cura di Mario Noera, Docente di economia degli intermediari finanziari presso l’Università Bocconi di Milano.

Si dice spesso che ansia ed incertezza siano le caratteristiche dominanti del nostro tempo. A molti sembra addirittura di vivere in un’epoca di cigni neri. In finanza quest’espressione indica il verificarsi di eventi che la statistica considera impossibili od almeno molto improbabili. Eventi del tutto imprevedibili, potenzialmente molto dannosi o addirittura catastrofici. Gli esempi possono essere tanti. Dai missili nordcoreani agli attentati terroristici.

Persino le scadenze elettorali sono divenute motivo di apprensione. Lo scorso anno la Brexit era temuta da tutti, benché alla vigilia ci credessero in pochi. Altrettanto temuta, ed inattesa, è stata l’ascesa di Trump alla Casa Bianca, o l’esito delle recenti presidenziali francesi.

La sorpresa più grande, negli ultimi anni, è che, pur a fronte di uno scenario così turbolento ed incerto, i mercati finanziari abbiano ostentato una calma quasi olimpica. Nel passato meno recente, la reazione dei mercati a questo tipo di shock è quasi sempre stata piuttosto emotiva. La conseguenza erano sempre forti oscillazioni nelle quotazioni. Tanto è vera questa cosa, che lo stato d’ansia dei mercati ha iniziato ad essere misurato ed osservato.

L’indicatore di volatilità

L’indicatore principale dell’emotività finanziaria è la l’indice di volatilità, il VIX. Questo indicatore non misura la volatilità effettiva, ma quella attesa. E’ cioè un indicatore del grado di incertezza degli operatori circa l’andamento futuro delle quotazioni.

Tecnicamente questo indice di volatilità è la media delle volatilità implicite dei contratti di opzione. Questi ultimi sono un tipo di derivati negoziati sul mercato USA. Quando sul mercato prevalgono l’ansia e la paura, la volatilità delle quotazioni tende ad aumentare. Questo perché la probabilità di perdite è considerata più elevata. Il VIX è infatti soprannominato, e non a caso, l’indice della paura (fear index). La volatilità, quindi, è indicata da una specie di segnalatore sismico. Questo registra il “terremoto” e la sua intensità. Allo stesso tempo, registra anche il timore che lo “sciame di scosse” possa continuare nel tempo.

In passato il VIX si era sempre mostrato estremamente sensibile agli shock esogeni, cioè quelli esterni. In occasione di grandi scosse inattese (cigni neri, crisi finanziarie, attacchi terroristici), la volatilità ha sempre reagito amplificandosi. Non si spiega, quindi, come mai negli ultimi anni, la volatilità sia rimasta molto bassa. E lo ha fatto anche in presenza di shock come quelli appena citati. E’ rimasta bassa non solo rispetto alla sua media di lungo periodo, ma addirittura raggiungendo minimi assoluti.

Da circa due anni, quindi, i mercati finanziari sembra comportarsi in modo strano e paradossale. Nonostante le turbolenze, la volatilità ristagna ai suoi minimi storici. La febbre rimane molto bassa anche se i sintomi della malattia permangono.

Perché questo andamento così innaturale della volatilità?

Se i medicina gli strumenti diagnostici usuali non bastano, si passa a qualcosa di più complesso. In finanza succede al stessa cosa. Se lo stetoscopio del dottore non basta per una diagnosi, si usa la TAC. In finanza la TAC si chiama “skewness”, indicata col vezzeggiativo “skew”, che poi sarebbe l’asimmetria. Come la volatilità implicita, anche la skewness viene dedotta dai premi delle opzioni. Non misura, però, opzioni disegnate per difendersi da valori ordinari del rischio. Essa misura la domanda di copertura contro rischi estremi.

A parità di volatilità, la skew alta, o crescente, segnala che i mercati stanno usando massicciamente i derivati per difendersi dai cigni neri. Non è quindi un caso che, negli stessi anni di adagio del VIX sui minimi, la skew risulti costantemente in vistoso aumento. Nonostante la la volatilità implicita ai minimi, la paura dei mercati è in realtà massima. LA TAC rivela cioè un malessere persistente, anche se non visibile ad occhio nudo.

Conclusioni

La skew prende nelle opzioni una forma ad U. Ciò vale a dire che i valori di riferimento sono più elevati agli estremi che al centro. Per questo fenomeno, la skew viene chiamata, in gergo, anche “smile” (sorriso). E’ quindi forse il caso di dire che quando i mercati sorridono ci sia davvero poco da ridere.

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