Banche: a chi toccherà domani? | Mercati che fare

Da qualche anno le banche italiane attraversano una situazione “particolare”.

Il il 22 novembre 2015 il salvataggio delle banche Popolare Etruria, CariChieti, Banca Marche e Cari Ferrara ha scoperchiato il vaso di Pandora.  E da quel giorno i risparmiatori hanno scoperto non solo che una banca può fallire ma che a pagarne il prezzo possono essere proprio loro. La crisi negli istituti di credito però non si è fermata a quelle quattro banche: in questi anni la preoccupazione di un possibile bail-in ha fatto più volte tremare mercati e risparmi, a cominciare dal caso Monte dei Paschi.

Il recente salvataggio di Veneto Banche e Banca Popolare di Vicenza ha innescato nuove riflessioni sull’importanza della fiducia nel rapporto con gli istituti di credito. Di fatto, concordano Lepoldo Gasbarro e Massimo Doris, sono stati salvati i risparmiatori.

Il salvataggio delle banche venete

Il provvedimento sulle banche venete, autorizzato da Bruxelles, consentirà di avviare una liquidazione ordinaria, separare le attività malate da quelle sane e trasferire così gli attivi a banca Intesa San Paolo. Un intervento in extremis al fine di evitare ripercussioni su correntisti, risparmiatori e imprese.

Sono al sicuro tutti i titolari di depositi ma anche gli obbligazionisti senior. Azionisti e obbligazionisti subordinati, invece, vedranno azzerati i loro investimenti attraverso il boarding sharing, ossia la condivisione dei costi per la ricapitalizzazione precauzionale in caso di gestione di una crisi bancaria. Per gli obbligazionisti subordinati rimane comunque la possibilità del ristoro. Ma i tempi, come abbiamo visto con le quattro banche poste in risoluzione nel 2015, non sono immediati.

L’anomalia del settore bancario

In nessun altro settore le aziende aiutano i competitor a stare sul mercato. Il risparmio è qualcosa di diverso e soprattutto il rapporto con l’istituto è basato sulla fiducia. Se si fosse creato un clima di assoluta sfiducia ne avrebbero risentito anche quelli solidi. Si può dire quindi che l’obiettivo dei salvataggi è salvare i risparmiatori, più che le banche. Perché, sottolinea Doris, se una banca non funziona, come qualsiasi altra impresa, non deve essere mantenuta nel mercato a tutti i costi. Ma certo non è concepibile che ci rimettano in modo pesante i risparmiatori dall’oggi al domani. Il bail-in non è sbagliato in linea di principio. Sono stati sbagliati i tempi di attuazione. I risparmiatori che investivano in obbligazioni bancarie o mettevano il loro denaro in conto corrente non si sono mai posti il problema se la banca fosse sicura o meno. Si sarebbe dovuti avvertirli e poi mettere in deroga tutto quello che riguardava il passato.

Come devono approcciarsi i risparmiatori al mondo bancario?

Il risparmiatore, precisa Doris, deve preoccuparsi di capire se la propria banca sia solida o meno. Tutti gli istituti hanno cercato di incrementare la propria solidità in termini di aumento di capitale e diminuzione dei rischi. Ma ci sono banche più o meno solide. Un istituto deve avere un indice di solidità al di sopra del 10% (il minimo regolamentare è 8) e deve ovviamente realizzare utili. Gli utili sono una specie di proiezione positiva per il futuro. Sono fondamentali per dare anche servizi di qualità alla clientela. Lo stesso governatore di Bankitalia Visco ha dichiarato che le banche devono aumentare la propria redditività.

Come cambieranno le banche?

Lo scenario è in profonda trasformazione. Si sono innestati nel mercato anche altri operatori, come PayPal. Anche Facebook ha chiesto la licenza bancaria e potrebbero farlo Google o Apple. Inoltre, se non si fanno investimenti in tecnologia e nella formazione degli operatori ci si può ritrovare velocemente fuori mercato.

La tecnologia sta fagocitando soprattutto gli sportelli bancari. In Italia ce ne sono 26mila, solo un anno e mezzo fa ce n’erano quasi 10mila di più. La media europea è di 35 sportelli ogni 100mila abitanti, quella del Regno Unito 17. In Italia sono 50: dovremmo chiuderne da metà a due terzi.

La strada intrapresa in questa direzione è molto chiara. Servizi online e consulenza “fisica” solo in casi particolari come il mutuo o decisioni di investimento.

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