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Made in Italy: crescono le esportazioni

Il Made in Italy attrae sempre più consumatori. Pur non essendo un marchio riconosciuto, è una garanzia di eccellenza in tutto il mondo. È diventato ormai per tutti sinonimo di creatività, design e alta qualità. Moda, food, arredamento, automobili, meccanica, architettura: siamo sul podio per quasi 900 prodotti. Di questi, 200 hanno conquistato la leadership mondiale per esportazioni nette. I dati emergono dal primo rapporto del centro di ricerca sul Made in Italy condotto dall’università degli studi internazionali di Roma. Nel 2016 l’Italia ha effettuato esportazioni per 497,5 miliardi di euro, per lo piu in Europa, ma i nostri prlodotti stanno conquistando nuovi mercati, come la Russia.

Un fenomeno che è all’origine del cosiddetto “backshoring“: svariate piccole e medie imprese, in totale 101, stanno “tornando a casa”. Si tratta di aziende che negli ultimi anni avevano scelto di delocalizzare buona parte della produzione fuori dai confini nazionali per risparmiare sui costi. Chi acquista italiano, infatti, vuole un prodotto autenticamente italiano. Nel backshoring siamo i primi in Europa e secondi nel mondo dopo gli USA.

Il sistema Italia si sta riprendendo

Quindi, nonostante tutto, nel nostro paese ci sono aziende che funzionano.

Secondo l’ultimo rapporto SACE, nei prossimi 3 anni è previsto che l’export italiano cresca a dei ritmi più che doppi rispetto agli ultimi anni: circa il 4% annuo. La globalizzazione sta cambiando la sua frequenza. C’è un’attenzione sempre maggiore alla qualità e in questi termini l’Italia ha pochi pari nel mondo.

Ecco perché le aziende stanno riportando la produzione sul nostro territorio. Ma affinché questo fenomeno diventi massiccio occorre che in Italia cambi qualcosa. Da un lato deve aumentare la produttività, dall’altro deve diminuire il carico fiscale, soprattutto il cuneo fiscale. In caso contrario diventa sempre più difficile competere. Inoltre, ci vuole un aiuto da parte del governo.

L’aiuto dei PIR

I PIR possono servire da volano. Questa tipologia particolare di fondi garantisce un beneficio fiscale all’investitore. Il 70% del fondo PIR deve essere investito in aziende italiane, di cui il 30% piccole e medie imprese. Quindi si tratta di un ponte tra risparmio e imprese, che oggi hanno difficoltà a finanziarsi col sistema bancario e sono troppo piccole per usare i sistemi alternativi, magari troppo cari.

Gli indici che già esistevano che vanno a misurare il mercato delle piccole e medie imprese italiane stia già performando in maniera particolare da inizio anno – lo small cap ha fatto il +23,27%, l’aim italia il +24,71%, il ftse star il +27,92% e se lo confrontiamo al ftse mib, un po’ “zavorrato” dal comparto bancario che rappresenta le prime 40 aziende italiane e ha portato a casa solo l’8,87% vediamo che le piccole e medie aziende stanno iper-performando proprio grazie a tutta la quantità di capitali che sta arrivando.

L’esempio di Energica Motor Company

Energica Motor Company è il primo costruttore di moto sportive completamente made in Italy. Nata dall’esperienza del gruppo CRP, fornitore da oltre 45 anni della maggior parte dei costruttori automobilistici delle vetture più veloci e tecnologicamente avanzate al mondo, per affrontare il grande salto pochi anni fa si è rivolta ai mercati finanziari. Si sono quotati sul mercato AIM per cercare quei finanziamenti difficili da reperire attraverso investitori privati italiani o europei. I PIR quindi possono essere un ottimo punto di partenza per finanziare le tante eccellenze italiane e per creare quel circolo virtuoso fondamentale per rilanciare tuto il sistema economico nazionale.

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