Salvataggi bancari un anno dopo. E’ cambiato qualcosa?

Salvataggi bancari un anno dopo. Il punto della situazione.

Salvataggi bancari, un anno dopo. A un anno dai salvataggi delle quattro banche italiane, c’è da chiedersi cosa è cambiato e, soprattutto, quanto e chi ha pagato. Il vecchio modello di banca è sorpassato, fare la scelta giusta sarà determinante. In studio Massimo Fracaro, direttore di CorriereEconomia.

Conduce in studio Leopoldo Gasbarro per TGcom24.

Video introduttivo

Ad un anno dai salvataggi bancari dei 4 istituti in crisi, sono ancora troppi i nodi da sciogliere. Bankitalia ha chiesto ad UBI di comprare 3 delle nuove “good banks”, ma un compratore ancora non c’è. Le popolari sono sempre alle prese con la trasformazione in SpA imposta dalla BCE. Montepaschi sta ancora cercando di salvarsi attraverso una nuova ricapitalizzazione, strada intrisa di bivi pericolosi. A conti fatti, il salvataggio di allora non ha salvato nessuno. I passaggi difficili che tanti istituti stanno vivendo non fanno che gravare sulla fiducia dei piccoli risparmiatori. Come è possibile stare tranquilli? Il sistema appare più solido rispetto ad un anno fa. La macchina dei rimborsi è partita. Ad oggi sono 1320 i rimborsati, per 15 milioni di euro. Segnali incoraggianti, ma che non possono bastare. Alle banche italiane mancano ancora (almeno) 20 miliardi per rialzarsi. Chi pagherà il conto? Basterà?

Massimo, tu dirigi un giornale? “Sbatti il mostro in prima pagina”. Il mostro è il sistema bancario?

E’ passato un anno, vissuto pericolosamente, ed inutilmente. Le good banks non sono ancora state vendute, e comunque saranno vendute a prezzi più bassi. Chi ha partecipato ai salvataggi bancari ha dunque perdite, da cui sta rientrando aumentando i costi dei conti correnti. Tra l’altro, i problemi presenti allora non sono stati risolti. Sofferenze diminuite, ma ancora troppe. Anche la BCE si sta mostrando un po’ troppo rigida. Tra l’altro, con politiche diverse da quelle consentite in altri paesi europei. Il sistema creditizio è ancora troppo fragile. Consideriamo anche che le banche soffrono per i tassi bassi, guadagnando sugli spread tra denaro prestato e restituito.

Fintech

Aggiungiamoci anche la rivoluzione digitale (fintech), con l’emergere di molti concorrenti non tradizionali, e che sottraggono alle banche parte dei ricavi. Le sofferenze sono il vero scoglio. Infatti, sono per lo più sofferenze immobiliari, non creditizie senso strictu. Questo vuol dire che le banche hanno finanziato troppo gli amici e chi conoscevano per acquisti a volte non necessari.

Io (il risparmiatore) che c’entro?

Anche l’idea di voler recuperare parte dei costi dei salvataggi bancari caricando i conti correnti è sbagliata, soprattutto nel lungo periodo. Allontana ancora di più i risparmiatori dal mondo bancario. E visto che la fiducia è già bassa…

Ma c’è un flusso di clienti da una banca all’altra? Non sembra…

C’è stato, ma meno di quanto si pensasse. E spesso è circoscritto alle zone dove c’è una crisi in corso, pubblicizzata dai media (Popolare di Vicenza, Veneto Banca, ecc…). Gli italiani però non cambiano, anche se oggi è molto facile. Non si capisce perché sia così (ma l’immobilismo italiano è atavico, e non solo in ambito bancario…). Siamo sempre un po’ succubi (sbagliando) dell’istituto bancario.

Possibile che si pensi che le cose passeranno e che tutto torni come prima?

Illusione su cui sarebbe meglio svegliarsi. Niente tornerà come prima. Viviamo in un mondo completamente diverso. Mondo a crescita lenta, rendimenti finanziari lenti. Impossibile investire a certi tassi del passato.

La rivoluzione digitale delle banche

Il vecchio modello di banca non funziona più. Le filiali costano, come il personale. Ed i clienti le frequentano sempre meno. Un sistema anacronistico e sempre più in difficoltà (dati di Milano Finanza). Nuovo business bancario su due colonne portanti. Tecnologia e relazione. I clienti richiedono velocità operativa, servizi a portata di mano, semplici e fruibili quando e dove si vuole. Pagamenti digitali e sicuri. Tempo delle code in filiale per un bonifico è finito. Finito anche il fai da te negli investimenti. Certezze del passato spazzate via. Bisogna rivolgersi a consulenti preparati per dormire sogni tranquilli. E magari trovare rendimenti ideali anche nell’epoca dei tassi a zero. Il futuro è già qui. E forse salvare che non è già pronto oggi potrebbe essere inutile.

Salviamo il mondo del risparmio

Siamo un sistema bancocentrico, il fallimento di una banca mette a rischio tutto il sistema. Ed anche l’intera economia. Siamo stati anche poco responsabili. Infatti abbiamo approvato la legge europea sul bail.in avendo già banche in difficoltà. E la situazione, quindi, è chiaramente precipitata in fretta. Tutti hanno diritto di chiedere alla banca di cambiare. E’ una rivoluzione ineluttabile. Rimarranno pochissimi grossi istituti.

In Italia ci sono 650 istituti o gruppi bancari, di cui 350 istituti cooperativi. Quindi?

Almeno di questi 350 è previsto che ne restino solamente due, attraverso accorpamenti ed acquisizioni varie. Il grosso nodo della rivoluzione bancaria è il troppo personale, soprattutto in Italia. Stessa cosa nell’editoria. Ci sono molte, troppe pià persone di quante ne siano necessarie per i business digitali. La partita è doppia. Da un lato, affrontare la rivoluzione ed offrire prodotti più moderni. Dall’altro, fare queste cose riducendo il personale. Ancora, trasformare lo sportellista in un consulente vero.

Il peso di tutte queste trasformazioni sembra sul correntista. E così?

L’accorpamento in teoria dovrebbe portare a riduzione degli oneri. Purtroppo il sistema bancario è come lo stato: esita a spendere per innovare. Discorso totalmente sbagliato. Allontana ancora di più i clienti, e riduce il tasso di fiducia. E’ un peccato, perché ci sono tanti soldi da poter investire. 4000 miliardi, per la precisione (ricchezza del risparmio italiano). E’ su questo che le banche dovrebbero lavorare. Dovrebbero realizzare prodotti nuovi che vadano ad aiutare le famiglie italiane a pianificare meglio il loro futuro.

Ricapitalizzazione Monte dei Paschi. 5 miliardi da trovare. Costo dell’operazione 500 milioni. Come la capitalizzazione del’istituto. Follia, vero?

Certamente. Costi rimasti ad anni fa, e non più sostenibili. Ci guadagnano solo le banche d’affari e d’investimento. Costi parametrati a banche che valevano 10 volte di più. Certe fee, certi costi non sono più accettabili. Si deve guadagnare facendo più operazioni, MA con maggior valore per singola operazione. Ed ancora non si è parlato di Basilea 4, con aumenti di capitale ancora maggiori (per tutte le banche).

Colpo alla redditività delle banche

I maggiori otto istituti italiani hanno registrato utili in calo del 69% nel nove mesi del 2016 a causa di maggiori rettifiche sul credito e bassi margini di interesse. Il mondo delle trasformazioni, forse, è appena cominciato, e coinvolge tutti.

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