Valutazioni a sconto e posizionamento degli investitori rendono il mercato italiano interessante, al netto del rischio politico legato alla consultazione referendaria. L’esito del referendum non intaccherà l’appeal di dette valutazioni a sconto, ed il vantaggio che esse possono rappresentare per l’investitore.
Stefano Andreani di Lemanik spiega perché convenga, nonostante tutto, puntare sul Bel Paese.
Il referendum è indubbiamente un evento atteso dai mercati, forse fin troppo. Ad oggi, probabilisticamente, il no è in vantaggio. Questo potrebbe avere, almeno nel breve, un impatto negativo. L’effetto, nel medio termine, dipenderà da quali saranno gli equilibri politici che si verranno a creare.
Ci sono due fattori da considerare per contenere l’impatto negativo. 1) Il paracadute BCE, in particolare sulle obbligazioni, ma di riflesso anche sulle azioni. Senza dubbio è pronta ad intervenire se si manifestano volatilità superiori al solito. 2) Posizionamento del mercato molto prudente. Il referendum, proprio per la sua incertezza, è già stato scontato dai mercati come posizionamento (se dovesse vincere il no). Se dovesse vincere il sì (a sorpresa), lo scenario sarebbe decisamente più positivo per il mercato nel breve-medio termine.
In questo momento, i due fattori macro che rendono attraente il mercato italiano sono 1) le valutazioni e 2) il posizionamento degli investitori. Le prime sono particolarmente a sconto su tutti i settori, sia rispetto ai mercati europei che a quelli USA. Il secondo è molto scarico nei confronti del mercato italiano, in attesa del referendum. Profilo rischio-rendimento asimmetrico rispetto ad un potenziale di upside molto interessante se la situazione si normalizzasse.
Partendo dallo scenario macro, il 2016, guardando Q3 e A4, ci farà atterrare su una crescita intorno allo 0.8%. Per l’anno prossimo, stessi livelli, magari più vicino all’1%. Accelerazione sugli investimenti, supportati dalle agevolazioni fiscali. Oltre alle dinamiche interne (luci ed ombre), ci sono fattori positivi. Tra questi, il maggior numero di occupati. I fattori esterni da considera re sono l’accelerazione della Brexit, che ci sarà nella prima parte dell’anno. Poi l’entrata in carico di Trump, evento clou del recente passato. Quest’ultimo si manifesterà anch’esso da gennaio in poi.
Si stanno già vedendo i primi effetti, sia sulle valute che dei rendimenti. Valute con il dollaro che si rafforza. Redimenti dei governativi che tendono al rialzo. Questi due fattori portano i portafogli ad essere più ciclici e più “value”. Bisogna comunque avere un’esposizione anche ai finanziari (in prima battuta le assicurazioni), da costruire gradualmente. Questo per bilanciare le vendite sui settori più cari, come consumer staples ed utilities.
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