Rocco Bove, Head of Fixed Income di Kairos, propone un’analisi del mercato delle obbligazioni in questa fase decisiva per la politica italiana.
Sono tornati ad accendersi i riflettori sull’Italia. Lo spread è tornato a livelli molto alti. Inevitabilmente la memoria torna a maggio del 2011, quando il movimento è stato più o meno lo stesso, salvo poi arrivare quasi a quota 600, purtroppo. Evidentemente tutti gli operatori sono in fibrillazione, e c’è molta tensione, soprattutto sul mondo obbligazionario.
Quest’ultimo, infatti, sta sottoperformando parecchio rispetto al mondo equity, che fin qui ha retto abbastanza bene l’allargamento degli spread. Fa chiaramente eccezione il mondo bancario, dove si scarica tutta la tensione sistemica che si sta generando sul BTP.
Ci sono differenze sostanziali rispetto al 2011. Innanzitutto il ciclo economico, fortemente espansivo oggigiorno, sia in Europa che in Italia. Sicuramente questo è un catalizzatore molto importante per frenare la deriva dello spread.
C’è poi il ruolo della BCE. Nel 2011 stava iniziando a scaldare i motori per sostenere mercati ed economia; oggi è pienamente coinvolta nel mercato obbligazionario con il programma di quantitative easing. Attraverso dsi esso, viene offerto pieno supporto sia ai titoli corporate che a quelli statali.
Vi è infine da notare la distribuzione del debito. Questa volta la crisi è molto interna; non ci sono attacchi dall’estero, il problema è eminentemente endogeno, con una delicata transizione politica. Tra l’altro, la detenzione dei BTP, rispetto al 2011, è completamente cambiata. All’epoca, una buona parte erano detenuti all’estero. In questo momento, meno di 1/3 di questo debito è fuori dai confini nazionali, e meno del 5% si trova fuori dall’area euro.
Questo fatto cambia, in qualche modo, tutto il discorso tecnico. Il BTP è perciò una storia ben più domestica del 2011.
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