Mercati. Evoluzione dei rischi politici, Banche Centrali e mercati Emergenti | Anima SGR

Estratto del webinar ANIMA Live del 20 settembre 2018, in cui si è appunto parlato della situazione dei mercati, con approfondimento sull’evoluzione dei rischi politici, sulle Banche Centrali e sui mercati emergenti.

L’evoluzione dei rischi politici si conferma il principale driver dei mercati nelle ultime settimane. A livello globale si parla di politica commerciale americana, di timore per alcuni paesi emergenti, si parla di prezzi… in Italia abbiamo un evoluzione politica di un certo tipo. Che view ed approccio si sta adottando in questo momento?

Il fronte più caldo resta sicuramente quello della politica commerciale americana, e da questo punto di vista abbiamo avuto negli ultimi giorni sicuramente un’escalation delle tensioni. Lunedì gli stati uniti hanno annunciato dazi su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi con aliquota inizialmente fissata 10 per cento, ed a seguire, dalla fine del 2018 al 25 per cento. Il colosso asiatico dall’altra parte ha annunciato rappresaglia dazi su 60 miliardi di dollari di importazioni americane, con un’aliquota compresa tra il 5 e il 10 per cento. Nonostante siano sviluppi apparentemente negativi, il mercato ha avuto una reazione composta, anzi le attività rischiose ne hanno beneficiato, in ragione del fatto che venivano prezzati scenari un po’ più pessimistici, e in particolare la possibilità che il governo americano applicasse dazi del 25 per cento fin da subito.

Questi sviluppi ci hanno rinsaldato nella convinzione che la debolezza che potrebbe svilupparsi sui mercati nelle prossime settimane rappresenti un’occasione di acquisto. Nel breve termine infatti pensiamo che i fattori politici e geopolitici resteranno i driver principali dei mercati, quindi da questo punto di vista la possibilità che vengano annunciati dazi anche sul settore automobilistico è rilevante, e allo stesso modo è destinata a perdurare l’incertezza per le scadenze politiche in Italia, chiaramente negli Stati Uniti, ma anche in Brasile, per il processo di Brexit… Più avanti, però, in prospettiva, riteniamo che le attività rischiose potranno essere supportate da una configurazione di fattori, fra i quali i più importanti potrebbero essere un’accelerazione della crescita al di fuori degli Stati Uniti, un’attenuazione delle tensioni a livello di politica commerciale dopo le elezioni americane, e una stabilizzazione del dollaro.

Due parole chiaramente sull’Italia, sono inevitabili. Il 27 settembre sarà una data molto importante nella misura in cui il governo dovrà presentare il documento di economia e finanza, nel quale come sempre deve essere descritta la strategia di politica economica e fiscale che il governo intende seguire nel triennio successivo, compresi i fatidici obiettivi di bilancio. Ora, proprio le dichiarazioni e indiscrezioni circa il livello del deficit/pil nel 2019, hanno alimentato saliscendi dei btp nelle ultime settimane, ed alla fine di agosto in particolare toni un po più concilianti da parte del governo, e diffuse ricoperture degli investitori esteri hanno innescato un recupero significativo. Abbiamo avuto un restringimento dello spread di quasi 70 basis point. Ci attestiamo in questo momento intorno a 230; a nostro avviso questi livelli prezzano uno scenario piuttosto ottimistico, anche perché è importante tenere presente che gli investitori scrutineranno con attenzione non solo e forse non tanto il dato del deficit di per sé, ma anche il modo in cui quel dato sarà calcolato e in particolare le coperture finanziarie. Su questo tema, come dire, qualche margine di incertezza un po’ più significativo sicuramente c’è. [nota: la nota di aggiornamento al DEF è uscita, con un rapporto deficit/PIL molto alto e molto rischioso, al 2,4%].

Parliamo un po’ di banche centrali e di politiche monetarie. Nell’ultimo meeting, la settimana scorsa, la bce non ha mostrato grandi o particolari sorprese, mentre invece settimana prossima la fed dovrebbe annunciare probabilmente un nuovo rialzo dei tassi. Qual è la situazione attuale? Qual è lo scenario il prossimo futuro? Questi tassi saliranno oppure no?

Effettivamente ci troviamo proprio a metà strada fra la riunione della BCE di giovedì scorso, e quella della Fed di settimana prossima. Da parte della BCE settimana scorsa non c’è stato nessun provvedimento concreto, quindi non ci sono state azioni, e sui tassi di interesse, per quanto riguarda la politica di quantitative easing, si conferma la previsione di terminare alla fine di quest’anno il programma. La forward guidance, quindi la parte del comunicato in cui si in qualche modo dà una previsione su quella che sarà la l’evoluzione futura dei tassi di interesse non è stata modificata, non si sono dati ulteriori dettagli su quella che sarà la politica di reinvestimento dei titoli in portafoglio a partire dall’anno prossimo. L’unica novità sono state le previsioni che vengono date trimestralmente su crescita e inflazione; in questo caso abbiamo avuto una leggera revisione al ribasso per quanto riguarda la crescita. Tuttavia, durante il domande e risposte del meeting, Draghi ha mantenuto un tono piuttosto ottimista sia sulla crescita che, soprattutto, sull’inflazione. Quindi hanno dato un segnale di convinzione sul fatto di riuscire a raggiungere nel medio termine il loro obiettivo statutario. In questo senso, probabilmente anche nei prossimi mesi viste quelle che sono le dinamiche globali, ci aspettiamo che possano dai prossimi tre mesi rivedere al rialzo le loro previsioni di crescita.

Per quanto riguarda la fed invece è atteso un rialzo dei tassi quasi scontato per settimana prossima (ed è stato proprio così, ndr.), e molto probabilmente ci sarà un nuovo rialzo anche a dicembre, quindi nell’ultimo meeting dell’anno, e ci si può aspettare almeno due rialzi anche nel 2019. Questo in funzione di dati di crescita che rimangono robusti, pressioni inflazionistiche che sono presenti, anche finalmente pressioni salariali. Fino ad oggi il mercato sulla FED molto spesso ha teso a sottostimare l’evoluzione al rialzo dei tassi ufficiali, a volte anche non credendo a quello che loro stessi prevedevano nelle loro comunicazioni. In questo momento ci si aspetta, è scontato più o meno un ritorno dei fed funds, cioè dei tassi ufficiali, verso la neutralità del 3 per cento. Probabilmente la FED può anche trovarsi nelle condizioni di dover portare la propria politica monetaria in territorio leggermente restrittivo; questo sicuramente avrebbe un effetto negativo sui bond.

Riassumendo, si pensa che ci siano in questo momento le condizioni fondamentali, cioè di crescita robusta, inflazione, compressione al rialzo, e politiche monetarie sempre meno espansive, tendenti in America verso il restrittivo, tali da poter finalmente far manifestare quello scenario di moderato, ma comunque rialzo dei rendimenti obbligazionari dei tassi d’interesse tra la fine di quest’anno e andando verso il 2019. Questo in un’ottica di medio termine. Nel breve termine sicuramente i rischi politici e geopolitici di cui già si è parlato, guerre commerciali, Brexit, paesi emergenti, anche rischi locali come la situazione italiana in Europa, possano fare un po’ da tappo verso questo sentiero di rialzo dei tassi. Quindi si mantiene lo scenario per un’ottica di medio termine, pensando ai prossimi mesi e trimestri del 2019.

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