Il centro di ricerca della Commissione Europea lancia l’allarme desertificazione, anche per il nostro Paese. Si prevedono danni ambientali ed economici.
Desertificazione, ad oggi il 75% del suolo terrestre risulta degradato. Entro il 2050 questa percentuale potrebbe superare il 90%.
Sono queste le cifre drammatiche contenute nel nuovo Atlante mondiale della desertificazione (World Atlas of Desertification). Un lavoro complesso, realizzato dal Joint research centre (Jrc) della Commissione Europea. Uno strumento destinato ai decisori politici per migliorare le risposte locali alla perdita e al degrado di una delle risorse essenziali per la vita sulla Terra: il suolo fertile.
La Terra ci ha già presentato il conto. A livello globale, ogni anno viene degradata una superficie pari a metà delle dimensioni dell’Unione Europea (4,18 milioni di chilometri quadrati). Africa e Asia i continenti più colpiti. Si calcola che il Pianeta potrebbe perdere il 10% dei suoi raccolti globali entro metà del secolo, con i tagli più pesanti in Cina, India e Africa sub-sahariana.
La desertificazione colpisce l’8% del territorio dell’Unione europea, in particolare nell’Europa Meridionale, Orientale e Centrale. Regioni che, con circa 14 milioni di ettari colpiti, mostrano un’elevata sensibilità alla desertificazione. L’Unccd ha dichiarato colpiti da desertificazione 13 Stati membri dell’Ue: Italia, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria.
“Quando le risorse sono degradate, iniziamo a competere per loro […] Quindi un modo per promuovere la pace è promuovere una gestione sostenibile e un’equa distribuzione delle risorse”.
È questa la frase dell’ambientalista keniota Wangari Maathai con cui si apre l’Atlante.
“L’Atlante mostra un’Unione Europea sempre più colpita dalla desertificazione sottolineando l’importanza dell’azione di protezione del suolo e l’uso sostenibile di terra e acqua in settori quali l’agricoltura, la silvicoltura e l’energia. Questo è l’approccio raccomandato nella strategia tematica dell’UE per il suolo, ed è la nostra migliore speranza di raggiungere la neutralità del degrado del suolo, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile del 2030″.
Anche se il degrado del territorio è un problema globale, avviene localmente e richiede soluzioni locali. Il Jrc sostiene che «per fermare il degrado del suolo e la perdita di biodiversità sono necessari un maggiore impegno e una cooperazione più efficace a livello locale. Un’ulteriore espansione agricola, una delle principali cause del degrado del terreno, potrebbe essere limitata dall’aumento delle rese su terreni agricoli esistenti, passando a diete a base vegetale, consumando proteine animali da fonti sostenibili e riducendo la perdita e lo spreco di cibo».
Ad aggravare il problema c’è anche la crescente deforestazione. La denuncia arriva dalla Fao nel sul ultimoRapporto sullo stato delle foreste nel mondo.
Le foreste rappresentano l’oro verde del Pianeta. Grazie alla capacità di stoccare il carbonio, conservare acqua e suolo e fornire sussistenza a miliardi di esseri viventi, svolgono un ruolo insostituibile a livello biologico. Ma anche economico. Lo spiega il rapporto “Stato delle foreste nel mondo 2018” della Fao, dove si legge che “le foreste, da sole, sono in grado di garantire circa il 20% dei redditi alle famiglie che abitano nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo. Inoltre, il legname dei boschi consente ad una persona su tre di cucinare e riscaldarsi. Ed è dagli alberi che arriva il 40% dell’energia rinnovabile del mondo intero, sotto forma di combustibile: un valore pari a quelli di solare, eolico e idroelettrico sommati tra loro. Da un punto di vista occupazionale la Fao stima “che il settore produce oltre 45 milioni di posti di lavoro all’anno e 580 miliardi di dollari di reddito da lavoro”.
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