Crescita, inflazione, tassi e volatilità: ecco gli argomenti dell’ultima videochat con Mario Pavan, Davide Gatti e Carlo Majolo di Anima SGR.
Continua tra luci e ombre l’evoluzione del quadro globale. Meno slancio sia su crescita che inflazione, negli ultimi mesi. Sono però necessarie alcune precisazioni, soprattutto nella distinzione tra le analisi per la crescita e quelle per l’inflazione.
Parlando della crescita, c’è stata una perdita di slancio, soprattutto negli USA. Complessivamente però ci sono segnali di solidità. Negli Stati Uniti, dopo un primo trimestre in rallentamento, abbiamo avuto qualche segnale incoraggiante per il secondo trimestre e il prosieguo dell’anno. Continua il ruolo preponderante della crescita legata al consumi, come spesso avviene in America.
Nell’area euro, ci sono ancora segnali di accelerazione ciclica. Quindi qui ci si distingue dal resto del mondo per una fase particolarmente incoraggiante del ciclo economico.
I timori sulla Cina a causa della stretta monetaria sembrano rientrati e contenuti, e la crescita cinese ne sta certamente beneficiando.
Parlando dell’inflazione, ci sono delle delusioni recenti. In America è tornata al di sotto del target della banca centrale. Anche in area euro ci sono stati dei segni di moderazione negli ultimi mesi. E’ come se ci trovassimo, dappertutto, in una fase di transizione. E’ svanito il beneficio della crescita del prezzo del petrolio; siamo ancora in attesa di evidenze più consistenti di crescite salariali. Quest’ultima cosa è in parte già in azione in America, anche se meno del previsto. E’ comunque destinata ad aumentare, vista la solidità del mercato del lavoro. In area euro questo sarà un tema più da anno prossimo.
Le banche centrali sono meno accomodanti rispetto al passato. La FED ha alzato i tassi e confermato le proprie previsioni per il futuro. Forte contrasto con le aspettative del mercato, che fatica a credere che la FED possa continuare nel suo piano di rialzo dei tassi. Questo è il motivo per cui il mercato obbligazionario è più esposto a possibili sorprese. Anche la BCE ha cambiato la propria retorica, e sta facendo passi verso una normalizzazione. I tassi resteranno a questo livello, ma non scenderanno. Verso fine anno ci sono attese per l’inizio del tapering.
I mercati azionari sono sostenuti sia da crescita economica che dalle banche centrali. Quelli obbligazionari seguono poco la normalizzazione della banche centrali. Quando torneranno evidenze di inflazione, dovranno adeguarsi. Ad oggi, rimangono l’asset class con i maggiori rischi.
Normalizzazione vuol dire tassi d’interesse che salgono; che tornano verso un’area più tradizionale, via dallo zero e dai livelli negativi. La parte più interessante è la normalizzazione porta con sé ciò che è stato abbandonato con la crisi finanziaria del 2008. La volatilità che ci si aspetta nasce proprio da questo. La decisione recente della FED parla proprio di normalizzazione già conquistata. Di conseguenza, si pensa a come ridurre l’enorme bilancio acquisito in questi anni, che ora non serve più. Il mercato fa fatica a crederci. I tassi reali salgono solo nella parte a breve della curva, quella più direttamente influenzata della politica monetaria. Quando si realizzerà una convergenza tra tassi e curve, assisteremo ad un repentino aumento della volatilità.
Da che parte stare? Da quella della banca centrale. La relazione fondamentale a cui guardare è quella tra crescita economica, crescita salariale ed inflazione. E’ su questa che si devono basare le scelte di politica monetaria. Aspettiamoci quindi tassi in risalita. Quindi, per i portafogli, duration in riduzione, aumentare l’esposizione alle aspettative di inflazione.
In UK, ancora una volta c’è stata una sorpresa. I conservatori hanno perso la maggioranza assoluta alla Camera. Le conseguenze sono fondamentalmente due: una sui negoziati per la Brexit, con una posizione sicuramente più moderata; l’altra sarà una politica fiscale meno rigida, anche per attirare alleati in Parlamento per poter governare, ed anche per recuperare parte del consenso. L’impatto di questi eventi non è stato sistemico, ma solo locale. La sterlina, come è facile capire da queste incertezze, potrebbe essere e rimanere debole. Non ci sono, comunque, rischi sistemici.
In Europa, gli eventi politici ed il loro risultato hanno addirittura ridotto il rischio politico. La cavalcata vittoriosa di Macron lo ha portato non solo ad essere presidente, ma anche ad avere la maggioranza assoluta in Parlamento. Avrà quindi un mandato forte sia in politica interna che in quella estera, anche in virtù di un buon rapporto con la Germania.
Anche l’Italia ha dato un piccolo contributo alla riduzione del rischio politico. Le elezioni amministrative hanno segnato una battuta d’arresto del M5S; il tentativo di riforma della legge elettorale, e conseguente elezione anticipata, è fallito. I mercati hanno quindi rinviato le preoccupazioni sull’Italia al maggio del 2018.
In questo momento, quindi, l’area euro ha rischi politici in chiara diminuzione. Sono inferiori a quelli presenti in UK ed in America.
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