Lo scorso anno il primo ministro indiano ha ritirato quasi il 90% delle banconote. I risultati sono stati contrastanti, ma una cosa è certa: lo storico scossone ha potenziato l’economia digitale indiana. L’India, forse prima tra tutte, si è avviata appieno sulla strada della cashless society.
Camminando per Delhi si trovano insegne pubblicitarie per negozi che permettono pagamenti digitali ovunque. Paytm, Samsung, Mobokwik, giusto per citarne alcuni. Il numero di transazioni digitali in India è quadruplicato da novembre 2016. E sono notizie benvenute per un governo che si è preso la missione di ridurre il fabbisogno di valuta contante degli indiani. Il Primo Ministro Narendra Modi ha fatto ritirare il 90% delle banconote dalla circolazione dal 2016.
La “demonetizzazione” è stata ideata per ridurre le corruzione. I risultati, finora, sono stati misti. Ma una cosa è chiara: questo scossone storico è stato un boom per l’economia digitale indiana.
Le transazioni sulla piattaforma digitale Paytm sono aumentate del 400% nelle ore immediate al ritiro del denaro contante. La sua app per smartphone permette di pagare dal fornaio, nei negozi di elettronica, ai banchetti della frutta, e tutto senza contante.
In soli 8 mesi la società ha aggiunto ai propri sottoscrittori 220 milioni di persone, che possono usare il servizio in 5 milioni di attività commerciali.
Prima della demonetizzazione, nel novembre 2016, Paytm aveva 700.00 esercizi commerciali nel proprio network. Dopo quella data, ne ha aggiunti al ritmo di 40.000 – 50.000 al giorno.
Questa enorme crescita ha permesso a Paytm di andare oltre lo spazio dei pagamenti digitali. Ha espanso anche il proprio business di e-commerce, attraverso servizi che offrono mutui ed operazioni bancarie. Si può persino comprare oro fisico attraverso la loro app, che consente acquisto e vendita del bene, e che lo immagazzina digitalmente in una camera blindata di proprietà del governo. La società ha venduto 50 kg d’oro nel primo mese di offerta del servizio, trasformando Paytm nel più grande gioielliere indiano. E, in India, tutti risparmiano comprando oro. La versione digitale dell’oro è così disponibile per tutti, e tutti la possono usare facilmente.
I grossi investitori, ovviamente, non si sono fatti attendere per farsi vivi. Alibaba e Softbank hanno investito più di 2 miliardi, insieme, rendendo Paytm uno dei pochi unicorni (società che valgono più di 1 miliardo di dollari) indiani.
Ovviamente, la competizione è rappresentata dalle banche tradizionali, che offrono le loro forme ed i loro sistemi di pagamento digitale. L’India ha anche un sistema di identificazione nazionale, chiamato Aadhar. Questo registra le persone utilizzando la biometria.
Il governo assegna un numero ID, accoppiando alla biometria di una persona. L’informazione è immagazzinata in un database centralizzato. Quindi, non c’è bisogno di una carta d’identità fisica, esistendo quella digitale.
Per comprare una SIM card in India basta far riconoscere allo smartphone il QR Code della SIM, poi appoggiare il pollice su una macchinetta apposita, e tutto è finito.
L’Aadhar non è ancora però molto usato. Il governo, comunque, ha registrato più di 1 miliardo di persone, rendendolo il più grande sistema biometrico del mondo.
Questo desiderio di andare verso il digitale può portare ad una cashless society indiana? Ci sarà sicuramente meno contante. Non ci sarà totale assenza di contante; nessuno al mondo può farlo, ancora.
Infatti, un bel po’ del contante tolto dal sistema c’è già rientrato. La Banca Centrale Indiana sta pianificando di emettere nuova valuta di tagli inferiore a quella precedente.
Ciò, ovviamente, non vuol dire che il governo stia tornando sui propri passi dal sogno di una cashless society. Il sistema processerà 25 miliardi di transazioni nel 2018,parte di un obiettivo più grande, quello di trasformare l’India in una economia con 1 trilione di denaro mosso digitalmente entro il 2022. Il PIL indiano, per dare un’idea della cifra, è di 2,2 trilioni di dollari (sarebbe quindi quasi la metà).
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