Il prezzo del petrolio è ancora alle stelle dopo l’attacco agli stabilimenti Aramco condotto in Arabia Saudita. All’apertura dei mercati asiatici, il Brent crude si attestava sui 68 dollari al barile: 5 in meno dei 72 registrati subito dopo il raid anche se l’impennata continua ad essere drammatica. E intanto la tensione resta altissima tra Iran e Stati Uniti: Teheran ha bollato come menzogne le dichiarazioni del segretario di Stato Mike Pompeo secondo il quale gli attacchi sarebbero partiti direttamente dall’Iran, e non dallo Yemen come rivendicato dai ribelli filoiraniani Houti. Parlando a margine del trilaterale sulla Siria con Russia e Turchia, il presidente iraniano Hassan Rouhani ha accusato gli Stati Uniti di essere una forza destabilizzante in Medio Oriente. “Stanno sostenendo l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti” ha detto. “Stanno fornendo loro armi, intelligence e una parte delle operazioni militari sono gestite dagli Stati Uniti”.
Il colosso petrolifero statale saudita Aramco ha detto di essere stato costretto a tagliare la sua produzione di quasi 6 milioni di barili al giorno. Il giacimento petrolifero colpito a Khurais produce circa l’1% del petrolio mondiale, e Abqaiq è la struttura più grande dell’azienda, con la capacità di trattare il 7% dell’offerta globale. L’effetto sull’approvvigionamento dipenderà dal fatto che altri paesi produttori di petrolio entrino in breccia con le loro riserve. Donald Trump ha già autorizzato l’uso delle scorte petrolifere di emergenza degli Stati Uniti per compensare la carenza di petrolio.
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