Ed anche questa è finita. Nel mercoledì più carico di eventi della storia recente, tra la decisione della FED sui tassi e le elezioni in Olanda, anche queste ultime si sono concluse. Hanno vinto i liberali di centrodestra del VVD di Rutte. Il PVV, partito di destra antislamista ed estremista capitanato dal colorito Geert Wilders, non ha sfondato.
Le elezioni non si sono concluse senza sorprese. C’è stato un deciso crollo del partito vincente, che ha avvantaggiato tutti gli altri. Alla fine, però, la maggioranza relativa ha arriso ad una destra moderata. La rimonta di Rutte, dato per perdente fino ad una settimana fa, è coincisa con un cambio di rotta. In quest’ultima settimana, infatti, i suoi toni sono diventati più simili a quelli di Wilders su diversi argomenti. Certo, è rimasto decisamente europeista, e non si sognerebbe neanche di tornare al fiorino. Ma uno scivolamento a destra c’è stato, ed è certamente piaciuto ai moderati.
La partecipazione è stata da record. L’82% degli olandesi è andato a votare. Un dato che ha certamente favorito Rutte. Wilders è passato dal 10 al 13%. I cristiano-democratici del DDA ed i centristi democratici del D66 sono i primi candidati a formare il nuovo governo con Rutte. In questo caso i 3 partiti avrebbero 71 seggi complessivi.
Grandi sconfitti, con prospettive incerte, i laburisti, che hanno perso ben 29 seggi. A questo partito appartengono Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commisione Europea, e Jeroen Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo, cioè l’insieme dei ministri economici dell’Eurozona.
La stampa si è poi già affezionata ai Verdi guidati da Jesse Klaver, che hanno avuto un ottimo risultato. Il loro leader è già stato soprannominato il Justin Trudeau d’Olanda. Il primo ministro canadese è amato in patria e molto conosciuto all’estero. Questa spinta mediatica aprirà la strada a futuri incarichi importanti per il giovane politico di Roosendaal.
Probabilmente lo scontro con la Turchia dell’ultimo weekend di campagna elettorale ha inciso parecchio. Rutte si è dimostrato fermo e deciso, ma anche misurato contro il furibondo presidente turco Erdogan. Quest’ultimo, dopo aver dato dei “nazisti” ai tedeschi, ha accusato gli olandesi di essere responsabili del massacro di Srebrenica nella Guerra dei Balcani. Argomenti duri, che la reazione accennata prima ha condannato, ma senza alzare i toni. Rutte insomma ha sfoderato un atteggiamento da statista in un momento non facile.
Questo fatto, e probabilmente la paura di un’ascesa di un politico popolare, ma del cui programma si sanno solo le cose sopra le righe, ha probabilmente spostato l’asse della bilancia verso il PVV. Senza dimenticare che per gli olandesi l’Europa è sì importante, ma non è tutto. Contrariamente a quanto sbandierato dai media italiani, l’Europa non è stata l’argomento centrale delle elezioni in Olanda. Tutt’altro.
Wilders ha aumentato i consensi e ha già detto che Rutte lo ha battuto, ma non sconfitto. E che non sarà facile liberarsi di lui, anzi. La coalizione sopra accennata è praticamente certa, e anche i verdi potrebbero dare una mano, su certi argomenti. Wilders, pur battuto, ha comunque visto che le sue argomentazioni hanno fatto presa, e continuerà ad alzare il tono della voce.
Molto velocemente i media passeranno alle elezioni francesi. Sono quelle il vero banco di prova. Le Pen ha molto più consenso ed è potenzialmente più pericolosa di Wilders. Macron è dato per certo come vincitore al secondo turno, ma non si sa mai. Visto il peso della Francia in Europa, e la sua alleanza di ferro con la Germania, le elezioni olandesi adesso appaiono come quello che sono sempre state: elezioni locali di una nazione che rappresenta il 4,39% del PIL europeo contro una che ne rappresenta il 14%.
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