Pio Benetti, CIO – Discretionary Portfolio Manager, e Andrea Ponti, Fixed Income Portfolio Manager di Kairos, commentano gli effetti delle nuove politiche monetarie sui mercati finanziari. Come è cambiato lo scenario globale, le reazioni del mercato equity e l’analisi dei rischi del momento.
Questi primi mesi del 2019 sembra un po’ di aver rivissuto un film con una trama capovolta rispetto all’ultimo trimestre del 2018. Molti elementi simili, ma con un risultato, almeno un potenziale risultato, completamente opposto a quello che aveva guidato la fine del 2018… tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina, un rallentamento macroeconomico globale superiore rispetto a quello che si attendevano gli economisti, un positioning degli investitori sicuramente squilibrato e più pesante rispetto a quello che era dovuto, rispetto alla struttura del mercato, e delle banche centrali che sembravano continuare nella normalizzazione della loro politica di rialzo dei tassi avevano portato a una serie di shock sul mercato. L’inizio del 2019 sembra esattamente l’opposto; tutte queste variabili sembriamo leggerle dall’altro lato. Le tensioni fra Stati Uniti e Cina si sono sicuramente attenuate. Sembra probabile, è molto verosimile un accordo. Il positioning degli investitori si è ridotto fortemente rispetto al 2018, il quadro macroeconomico si è decisamente stabilizzato e poi, sicuramente fondamentale, la piroetta delle banche centrali che sono passate da un territorio di rialzo dei tassi, comunque di politiche di normalizzazione, a un indirizzo sicuramente di tenere i tassi comunque bassi per un periodo più lungo. Cosa, questa, che chiaramente ha registrato il termometro più sensibile dell’intero mercato, il treasury decennale, che infatti è passato dal 3 e 25 di novembre al 2 e mezzo di di quest’anno. Questo chiaramente ha avuto delle ripercussioni, immagino anche sul mondo equity…
Assolutamente sì. E’ incredibile come la cesura della fine dell’anno, del passaggio all’anno nuovo, abbia veramente cambiato il mood e la direzione dei mercati, a prescindere dal comportamento di fondo dell’economia. La reazione è stata veramente importante e fra l’altro, come si può vedere nel grafico, a fronte di rendimenti obbligazionari sulla parte lunga della curva americana che hanno continuato a scendere, il mercato azionario è riuscito a recuperare, in particolare con l’americano, ha recuperato quasi tutto quello che aveva lasciato per strada negli ultimi mesi dell’anno scorso. Quindi qui c’è evidentemente una disconnessione, che non è necessariamente qualche cosa di negativo. Ha detto molto bene Andrea, c’è un posizionamento degli investitori molto, molto leggero, e questo rialzo sui mercati azionari è avvenuto in presenza di riscatti netti da parte degli investitori finali. Lo vediamo dagli etf, lo vediamo dai fondi comuni, quindi complessivamente ci sono posizioni meno investite, con mercati che hanno reagito in maniera positiva. Credo che questo sia comune anche al mondo del credito o sbaglio?
Assolutamente sì. Al momento in cui cambia il benchmark di riferimento, il treasury americano, che è il risk free per eccellenza, è in un sentiero, diciamo, in rialzo ed è quindi la base verso la quale noi compariamo tutti gli investimenti nel mondo obbligazionario del credito, nel momento in cui il percorso di risalita cambia la struttura di mercato e diventa in discesa, per noi cambia completamente il benchmark al quale fare riferimento. E’ banalmente un high yield… nel momento in cui lo confronto con un treasury al, come era nel passato, al 2 per cento, un high yield al 4 per cento poteva essere sostenibile… al momento in cui il treasury americano è andato come l’anno scorso, al tre e 25, un high yield necessariamente deve più che raddoppiare, quindi è evidente che era cambiata, l’anno scorso, la struttura di mercato. Questo ritorno un po’ al passato, con banche centrali che sono sicuramente molto accomodanti e di supporto all’intero mercato obbligazionario, e agli interi mercati azionari globali, ci fa un po’ ritornare nel leitmotiv degli ultimi nove anni, che ha poi fondamentalmente guidato il bull market di tutti i risk asset. E quindi, chiaramente, un treasury che trova, probabilmente saranno in questa fascia, tra il 2,4 e il 2,7, verosimilmente, per i prossimi trimestri, porta un effetto di compressione su tutti i prodotti creditizi, che ti genera un rendimento addizionale dall’investment grade all’high yield, ai titoli finanziari, persino fino ai nostri btp. E’ un effetto perverso, ma lo scenario, comunque, nel nostro mondo rimane costruttivo. Poi non dimentichiamoci che è un mondo che è ormai guidato da strategie di momentum, molto da algoritmi, e quindi il giochino dura fin tanto che chiaramente la liquidità garantita dalle banche centrali continua a rimanere abbondante, fino a tanto che non intervengono magari delle variabili esogene. Per tutti le elezioni europee sono considerato un non event; non so poi… ci stiamo approcciando forse con un mercato un filo tirato, con un profilo asimmetrico… non so se poi magari potrebbe avere un impatto, non so dal tuo punto di vista se rappresenta un risk event…
Hai descritto quello che è il leitmotiv di questi ultimi dieci anni di grandi accomodamento monetario, la mitica TINA, quindi “there is no alternative”, quindi siamo tutti costretti in qualche maniera a spostarci sempre più in là nella frontiera di rischio. Sembrava qualche cosa di terminato l’anno scorso quando il treasury ha passato quei livelli chiave, con timori di inflazione eccetera eccetera… in realtà è tutto rientrato, e siamo appunto ritornati in quel mondo dove siamo cacciatori di rendimento, laddove c’è, ed è chiaro che è una situazione molto, molto rischiosa perché, come dicevi tu, un’esogena qualsiasi può mettere in discussione l’apprezzamento degli asset rischiosi. In questo senso siamo un pochino più fiduciosi rispetto a quanto eravamo l’anno scorso, a parità di condizioni, proprio perché il posizionamento degli investitori è ancora decisamente leggero. Non siamo sempre per parlare con questi strausati acronimi, nella situazione del FOMO, “fear of missing out” dell’anno passato, di gennaio, e quindi non ci sono situazioni di eccesso, situazioni che in qualche maniera diano dei campanelli di allarme molto, molto forti, per cui tendiamo a rimanere abbastanza pesati di asset rischiosi, sapendo che è un qualche cosa di necessario per la ricerca del rendimento.
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