Finanza e dintorni. Le nuove leggi dell’industria finanziaria | Anima SGR

Rubrica a cura di Mario Noera, Docente di Economia degli intermediari finanziari all’Università Bocconi. La finanza sta cambiando; gli attori del mercato devono cambiare con essa, o (forse) morire.

Poche settimane fa il World Economic Forum ha pubblicato un corposissimo studio sugli impatti dell’imminente aumento dell’intelligenza artificiale sull’industria finanziaria. Emblematicamente, lo studio si intitola “la nuova fisica dei servizi finanziari”, e disegna lo scenario di una rivoluzione copernicana, da cui nessun segmento del business tradizionale rimarrà immune, e che imporrà a tutti gli attuali attori dell’industria (banche, asset managers, assicuratori e consulenti) un ripensamento radicale delle proprie tradizionali strategie e modelli di business, pena forse l’estinzione.

Le logiche tradizionali con cui si osservano le mosse dei diretti concorrenti, e si valutano di conseguenza le contromosse, non saranno più efficaci come nel passato, perché per la prima volta la minaccia competitiva più forte viene dall’esterno dell’industria, non dal suo interno. Come in tutte le rivoluzioni, l’arrivo dei barbari dall’esterno dei confini dell’impero pone infatti regole del gioco nuove, in gran parte inedite. I modelli di business tradizionali della finanza sono basati sulla ricerca di economie di costo, sull’ampliamento delle dimensioni aziendali e sulla penetrazione territoriale. Le nuove tecnologie, invece, veicolate dalla diffusione di internet, degli smartphone sempre più potenti, superano le barriere geografiche e territoriali, e si basano sulla conquista digitale di milioni e milioni di individui, indipendentemente dalla loro localizzazione geografica.

Il principale driver di valore dei milioni di clienti conquistati non risiede soltanto nella profittabilità dei singoli prodotti che si acquistano ma, soprattutto, nelle informazioni che si forniscono, sulle loro preferenze, loro abitudini, i loro comportamenti.

La conoscenza dei comportamenti dei clienti è tradizionalmente un vantaggio distintivo della finanza bancaria. Una volta certe cose infatti si dicevano solo al confessore o al banchiere, ed entrambi erano tenuti al segreto. Oggi questo vantaggio non è più un’esclusiva di banche e intermediari finanziari. Il possesso di dati granulari di una massa enorme di persone è, infatti, diventato il paradigma su cui si basano i grandi successi dei social network, dei motori di ricerca, da Facebook a Google, Amazon e così via, e che hanno ormai imposto un salto quantico al business dell’utilizzo dei dati degli utenti.

Il contagio del nuovo paradigma sulla finanza tradizionale è quindi inevitabile ma, diversamente che nel passato, la finanza tradizionale non è più depositaria di informazioni riservate, e non può più costruire su di esse relazioni di natura esclusiva. Peraltro la tecnologia tenderà nel tempo a rompere anche un altro monopolio degli intermediari finanziari, cioè la capacità di gestire rischi e investimenti. La gestione dei rischi e degli investimenti si basa, infatti, sull’analisi dei dati di mercato, e non è impensabile che algoritmi di intelligenza artificiale possano essere presto in grado di elaborare ed aggiornare automaticamente soluzioni di investimento ottimali, rendendo disponibili prodotti e servizi finanziari digitali a costi anche molto bassi.

Se i clienti sono sempre più contendibili, e i servizi finanziari sempre più riproducibili, la tecnologia, oltre ai nuovi attori del mondo digitale, cioè Facebook, Google, Amazon e così via, hanno un grande vantaggio competitivo. Su questo terreno l’industria finanziaria può ovviamente accelerare molto il passo, ma è indubbio che per la prima volta nella sua nella sua storia l’industria giochi in difesa.

Tuttavia, questo non vuole dire che essa sia inevitabilmente perdente. Il campo di battaglia decisivo sarà infatti la lealtà dei clienti, e qui banche ed intermediari hanno ancora moltissime carte da giocare, perché se è vero che la tecnologia abbatte vecchie barriere, annulla molte rendite di posizione, essa genera anche nuove nicchie di valore sempre più basate sul talento esclusivo degli uomini, che 100.000 anni di evoluzione hanno dotato dell’esclusiva capacità di creare tra loro legami empatici ed emotivi, che invece alle macchine sono preclusi.

Conclusioni

Oltre a molte apprensioni, il rapporto del World Economic Forum ci consegna cioè anche una piacevole sorpresa. Non sarà la tecnologia a salvare l’industria finanziaria, ma il talento relazionale degli uomini. Vincerà chi meglio e prima vorrà e saprà investirci.

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