Stato dell’Unione: Brexit, verso un divorzio non consensuale

Nello Stato dell’Unione di questa settimana si parla della deriva dell’accordo sulla Brexit, di economia e di qualche timido ma simbolico ritorno alla normalità, come la parziale riapertura della Cattedrale di Notre Dame di Parigi.

Per chi si è perso il botta e risposta al vetriolo tra Londra e Bruxelles di questa settimana, la sintesi può essere questa: il premier britannico Boris Johnson ha preparato un disegno legge per annullare l’accordo con l’Unione europea già ratificato dal suo Parlamento lo scorso dicembre. Cosa che getta ombre a dir poco inquietanti sul futuro dei trattati internazionali.

“Abbiamo pensato di creare una sponda legale – ha argomentato il primo ministro Johnson – per proteggerci da eventuali interpretazioni estreme o irrazionali del protocollo che potrebbero portare a un confine lungo il Mare d’Irlanda”.

Ma la questione del confine marittimo era già stata dibattuta a lungo prima dell’approvazione del trattato che porta ancora la sua firma. Il dietro front quindi ha poche giustificazioni. Il settimanale The Economist ha bollato il comportamento del governo Johnson come “scioccante e pericoloso”.

L’ipotesi di una Brexit senza accordo non piace a nessuno, ma si fa sempre più consistente.

Economia in leggera ripresa

Secondo l’economista Thiess Petersen dell’istituto di ricerca Bertelsmann, “ci sono alcuni segnali di speranza in Europa. Dopo un forte calo della produzione industriale a marzo e aprile, la produzione industriale è tornata a salire del dieci per cento ogni mese a maggio e giugno. E ci sono buoni segnali anche fuori dall’Europa, con la Cina, che torna a crescere e trainare la domanda, questo è positivo per le nostre esportazioni”, spiega l’esperto.

Sull’eccessivo debito europeo che si sta creando in questa fase storica per sopravvivere alla recessione, Petersen ammette: in effetti, le perdite di entrate fiscali e la spesa pubblica aggiuntiva stanno portando a un forte aumento del debito pubblico.” Ma a suo parere “non c’è alternativa. In una crisi economica così grave, i governi devono intervenire per prevenire un crollo economico ancora peggiore. Quindi – conclude l’esperto – senza il sostegno del governo e un’elevata spesa pubblica, si potrebbe assistere ad una disoccupazione di massa”, che potrebbe paralizzare lo sviluppo economico per anni.

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