La blockchain, ovvero la tecnologia alla base dei Bitcoin e di molte altre valute digitali, è considerata una delle innovazioni digitali più promettenti, destinata a trasformare non solo gli scambi virtuali, ma anche le transazioni fisiche. È il caso delle miniere del Congo: lì un progetto pilota utilizza la blockchain come etichetta di garanzia di comportamenti etici lungo tutta la catena di fornitura.
L’utilizzo di questa tecnologia permette di tracciare il percorso del cobalto dalle miniere fino ai prodotti finali, come batterie per smartphone e auto elettriche. L’obiettivo è quello di assicurare che il minerale sia estratto nel rispetto di tutte le normative per evitare la diffusione di prodotti estratti illegalmente e lo sfruttamento del lavoro infantile, pratiche che si verificano spesso in questi luoghi.
La parola blockchain in italiano significa “catena di blocchi”. Si tratta di un database condiviso e decentralizzato aperto a tutti i partecipanti, che può essere modificato solo con il consenso di tutti. È una lista in continua crescita di dati, chiamati blocks, che sono collegati tra loro e resi sicuri mediante l’uso della crittografia. Tutto ciò garantisce l’assoluta immutabilità di tutte le informazioni e la trasparenza dei dati. La blockchain fu ideata nel 2008 da una persona o un gruppo di persone identificate sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, l’ideatore misterioso del Bitcoin.
Il Bitcoin fu lanciato l’anno successivo. La blockchain è una componente fondamentale della valuta elettronica, per la quale viene usata come libro contabile per tutte le transazioni. È il vero aspetto innovativo del Bitcoin. Di monete virtuali infatti ne esistevano moltissime da anni. Ciò che ha differenziato il Bitcoin dalle altre valute è proprio la complessa struttura che si occupa di crearlo e gestirlo: la blockchain appunto. E le sue potenzialità vanno ben al di là delle monete virtuali, per entrare nei campi più vari.
La Repubblica Democratica del Congo detiene circa il 50% delle riserve mondiali di cobalto. Con la crescita del mercato delle auto elettriche e di altri prodotti elettronici, come gli smartphone, la domanda di questo minerale è aumentata notevolmente. E così anche l’esigenza di un’etichetta etica per le componenti di questi prodotti. Alla loro produzione infatti sono spesso associati fenomeni di sfruttamento minorile. In generale, purtroppo, anche di violazione di diritti umani. Grazie all’uso della blockchain per tracciare e monitorare tutta la catena di produzione, le aziende potranno garantire che il cobalto da loro utilizzato segua una filiera etica. Per il momento si tratta di un progetto pilota, ma se i riscontri saranno positivi il sistema potrebbe essere esteso anche all’estrazione di altre materie.
Il monitoraggio della catena di fornitura attraverso la blockchain coinvolge tutti gli attori della catena di approvvigionamento, che devono trasmettere i dati relativi ai quantitativi in loro possesso per via elettronica. In particolare, ha origine nei siti produttivi e coinvolge ogni singolo minatore: ogni confezione sigillata di cobalto prodotta da un minatore deve essere connotata da un tag digitale che viene inserito nella blockchain con uno smartphone, insieme a dettagli come peso, data e ora di confezionamento, luogo. Quando un commerciante acquisterà la confezione, inserirà a sua volta nella blockchain i dati relativi al prodotto. E via così, in ogni tappa del percorso compiuto dal prodotto sino all’arrivo presso le fonderie. In questo modo il tragitto del minerale sarà registrato in modo indelebile e rimarrà a disposizione di chiunque ne faccia richiesta. Chi non aderirà a questo sistema potrebbe essere escluso dalla filiera.
Riuscirà la blockchain a rendere più trasparente l’estrazione di minerali in Africa? Speriamo.
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