Il TPP 11, o CPTPP, è l’accordo commerciale più importante del mondo dai tempi del NAFTA. Sembra una cosa grossa, ma suona familiare, vero? Xin En Lee di CNBC International spiega meglio il tutto.
In un qualunque supermercato, oggi è possibile trovare, ad esempio, frutta da tutto il mondo. Quindi, kiwi dalla Nuova Zelanda, frutta del drago dalla Cina, avocado dal Messico. Tra molto poco tempo,prodotti come questi diventeranno più economici, ma solo per gli abitanti di 11 nazioni. Ed il merito è l’accordo commerciale più importante del mondo dai tempi del NAFTA.
Chiamato anche CPTPP, è l’ultimo accordo economico mondiale in ordine di tempo. 11 nazioni l’anno siglato l’8 marzo scorso. Queste sono l’Australia, il Brunei, il Canada, il Cile, il Giappone, la Malesia, il Messico, la Nuova Zelanda, il Perù, Singapore ed il Vietnam. CPTPP è l’acronimo di Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership.
Se suona familiare, è perché lo è. Si tratta infatti della riedizione del TPP, il trattato Trans-Pacific Partnership, che includeva anche gli Stati Uniti. Quest’ultimo era stato siglato nel 2016, ma il Presidente Trump è tornato sui passi di Obama dopo solo tre giorni da quando si è insediato.
Gli esperti pensavano che il ritiro degli States significasse la fine di tutto. Senza l’America, infatti, il TPP11 passa da un robusto 38% del PIL mondiale ad un ben più ridotto 13,5%. Ma le rimanenti 11 nazioni, sotto la spinta del Giappone, hanno comunque concluso definitivamente l’accordo. E si tratta del terzo accordo mondiale per volume di PIL, dopo il NAFTA e l’Unione Europea.
Sono molte, e da parte di molti. Questo soprattutto perché è visto come un buon trattato, e di alta qualità. La ragione è che include molti tagli di dazi, profondi e da fare velocemente. E, tra l’altro, include molte aree non coperte di solito da trattati commerciali.
Tutte le nazioni coinvolte si aspettano significativi benefici economici. La Nuova Zelanda aumenterà il proprio PIL di una cifra tra gli 880 milioni di dollari ed i 2,9 miliardi; il Canada avrà un vantaggio di 3,2 miliardi di dollari.
Il chiaro vincitore è, comunque, il Giappone. Al di là dei benefici economici, esso vede il TPP11 come un contraltare, ed un contrasto, ad un altro accordo in arrivo, il RCEP. Il RCEP è fortemente voluto dalla Cina, e comprenderà quasi la metà della popolazione mondiale, essendoci dentro anche l’India (ed anche lo stesso Giappone).
Gli agricoltori di nazioni che esportano cibo, come il Messico, L’Australia e la Nuova Zelanda sono altri grossi vincitori, visto che di solito i prodotti agricoli sono esclusi dai trattati commerciali. La stessa cosa vale per i servizi, ma il TPP11 comprende anche questi. Questo significa che molte aziende di servizi, come accounting, design, turismo, possono beneficiare del libero accesso al altre 10 nazioni.
Per quanto concerne i perdenti, anch’essi sembrano molti. Per esempio, nonostante l’aumento probabile del PIL, molti in Canada sono dubbiosi sui reali vantaggi dell’accordo. Mentre potrà accedere a nuovi mercati come il Giappone, industrie come quella casearia e quella dell’automobile pensano che le concessioni siano state maggiori dei vantaggi ricevuti.
Questo perché i lavoratori delle economie avanzate hanno spesso ragione a pensare che le aziende possano essere trasferite dove c’è una manodopera che costi meno, anche se meno specializzata.
Il TPP11 ha comunque regole sui diritti del lavoro e dei lavoratori; questo significa che le nazioni emergenti dovranno adattarsi, nel tempo, ai livelli, anche di retribuzione, della nazioni giù sviluppate. Come riusciranno a farlo, però, è ancora materia del contendere.
Molti economisti dicono che anche l’America perderà dall’essersi ritirata dal trattato. Sembra infatti, almeno secondo un think tank, che il CPTPP avrebbe alzato le paghe, fatto crescere le esportazioni del 9,1%, ed aumentato le entrate reali americane di 131 miliardi di dollari entro il 2030. Nel 2016, i ritardi che poi hanno portato alla rescissione del trattato sono stati stimati in una perdita di 77 miliardi di dollari per gli USA.
Anche un premio Nobel come Joseph Stiglitz ha espresso concerno sulla faccenda, dicendo che l’originale TPP12 aiutasse solo le grandi imprese.
Sembra che lo stesso Donald Trump stia cambiando e possa cambiare idea sul trattato che egli stesso ha lasciato. Ha infatti dichiarato che, se l’America ottenesse migliori condizioni, sarebbe aperto al TPP.
Il CPTPP entrerà a pieno regime antro la fine dell’anno. Si tratta di un forte segnale all’America; nonostante continui e forti richiami al protezionismo, 11 nazioni, e molte di più nel mondo, sono pronte a misurarsi col libero scambio delle merci.
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