La velocità del cambiamento rischia di travolgerci. In puntata, un’analisi su posizionamento del risparmio, aspettativa di vita, debito pubblico e crescita. In un mondo in trasformazione, è necessario navigare con una bussola che ci dica dove andare. Ospite in studio Professor Alessandro Rosina, Docente di Demografia presso Università Cattolica di Milano.
È tempo di saldi. In Italia, però, le famiglie spendono sempre meno. Hanno lasciato in banca 19,1 miliardi anno su anno. La propensione degli italiani al risparmio cresce; secondo Banca d’Italia, sono 1329 i miliardi detenuti in liquidità.
A frenare costumi ed investimenti hanno contribuito gli scandali degli ultimi anni nel mondo del crediti, e la crisi dei debiti sovrani. Entrambi hanno alzato la sfiducia che leggi e regolamenti possano tutelare i risparmiatori ed il risparmio. Secondo l’ultima indagine ACRI/IPSOS sul risparmio degli italiani, ben 2 persone su 3 preferiscono tenere liquidi i propri soldi.
Il portafoglio finanziario delle famiglie a giungo 2017, come segnala Bankitalia, è composto da un patrimonio complessivo di 4200 miliardi di euro. Solo l’8% è investito in titoli di Stato ed obbligazioni pubbliche e private. Sono, per questa asset class, i livelli più bassi dal 1950. il 22,8% va in azioni e partecipazioni. I fondi di investimento hanno un 11,7%. Gli strumenti assicurativi ed i fondi pensione si aggiudicano un sostanzioso 22,3%, mentre attività varie un semplice 2,8%. Ben il 31,4% tiene le proprie ricchezze congelate, anche a costo di non farle fruttare.
Se pensiamo di vivere in un eterno presente, con una strategia puramente difensiva, per forza di cose rimaniamo indietro e perdiamo. Così facendo si impoverisce il futuro. Già oggi devono essere fatte scelte che inglobino il presente futuro in ciò che decidiamo di fare.
Da un lato, siamo poco propensi a guardare la realtà in senso dinamico. Per millenni abbiamo vissuto in un mondo sostanzialmente statico. Quindi, quando il cambiamento si è messo in moto, siamo stati lenti nell’adattarci.
Per millenni i paesi del mondo hanno avuto longevità molto bassa, inferiore ai 40 anni. Stessa cosa per la ricchezza media pro capite, molto schiacciata e limitata. Si viveva poco e male, almeno la stragrande maggioranza delle persone. Dal 1800, tutto il mondo si è spostato verso aspettative migliori. Nessuna nazione è setto i 45 anni di vita media. Nelle nazioni svliluppate la media di vita è di 80 anni.
Questo cambiamento, però, non ha un punto d’arrivo. E non ci sono garanzie che migliori sempre. Quindi, non c’è un punto di equilibrio che non potremo più superare verso il basso. Ricordiamoci che questo cambiamento si è realizzato in 200 anni, che nella storia dell’uomo sono un’inezia.
Quindi, dobbiamo dimostrare di essere all’altezza. Dobbiamo dimostrare di meritarci di vivere sempre meglio e sempre di più. Ogni generazione aggiunge anni di vita alla precedente, ma deve anche aggiungere soluzioni nuove, altrimenti è tutto inutile.
L’Italia ha sbagliato impostazione all’interno di questo processo di cambiamento. I primi decenni del dopoguerra sono stati ottimi (ovviamente si ricostruiva); poi, però, ha congelato questo cambiamento… mentre il mondo cambiava. Le soluzioni del primo dopoguerra non potevano certo andare bene nel resto del XX secolo, ed anche in questo XXI.
Nessuno, va detto, ha aiutato le famiglie ad affrontare in modo nuovo i tempi nuovi. Quindi il Paese si è schiacciato sulla difensiva. La crisi economica ha semplicemente inasprito delle condizioni che erano già presenti.
Le due curve che rappresentano questi dati sono straordinariamente speculari. È crollato il numero medio di figli per donna, oggi a 1,35. Al contempo, il debito pubblico è cresciuto. Dal punto di vista pubblico, il paese non è riuscito a crescere e si è indebitato sempre di più. Le famiglie, che non sono riuscite a generare benessere, hanno ridotto i costi riducendo il numero di figli. Quindi, scelte macro (debito pubblico) e micro (scegliere di avere o meno un figlio), sono andate in direzioni opposte rispetto a dove dovevano andare. E scegliere di non fare figli è sintomatico delle difficoltà che si vivono.
Fare figli non può ridursi ad un mero dato economico, ovviamente. Ma, a parità di aspettative e preferenze, la possibilità di poter vedere positivamente il proprio futuro gioca un ruolo rilevante nella scelta. Pesa soprattutto l’incertezza sul futuro, che è un aspetto meramente psicologico.
Cambiano anche i numeri della popolazione in Italia. Diminuiscono i giovani e le persone di mezza età (soprattutto queste ultime), aumentano gli over 55 per ogni fascia di età. Ciò dimostra che se si vogliono mantenere i vecchi equilibri, si producono nuovi squilibri. Nei prossimi decenni, questo processo aumenterà ancora, e sarà un grosso problema. Lo sarà perché si svuoterà la fascia della vita di chi lavora e produce. Finora questo era un pilastro ben presidiato, ma nei prossimi anni l’invecchiamento proseguirà. Quindi, dobbiamo diventare virtuosi a valorizzare tutte le età della vita.
Dobbiamo avere alleati, nel pubblico e nel privato, che ci aiutino a fare le scelte giuste al momento giusto. I punti di riferimento cambiano sempre, e non possiamo navigare a vista. Non dobbiamo andare dove capita, alla deriva, ma verso dove vogliamo andare. L’aiuto di qualcuno, quindi, è fondamentale.
Il desiderio più grande? La serenità. Una serenità che poggi su fondamenta solide e resti costante nel tempo. Solo qualche decina di anni fa sapevamo come preservare il benessere acquisito, e come tutelare noi e i nostri cari dagli imprevisti. Oggi le esigenze sono fortemente cambiate: troppo spesso le soluzioni che ci vengono offerte si rivelano pacchetti preconfezionati basati su stereotipi. Sono incapaci di interpretare i nuovi bisogni di una famiglia in continua e profonda trasformazione.
In un mondo senza garanzie, l’unica garanzia per il futuro sembra il risparmio. Sempre a patto che lo si sappia accantonare e gestire correttamente. Per farlo, sono necessari un aiuto importante per ridefinire necessità ed obiettivi e un’analisi accurata che consenta di orientare le risorse con lungimiranza. In una parola, la consulenza di qualità di un professionista attento e preparato, che possa fornire soluzioni mirate ed affidabili.
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