L’entrata in vigore di MiFID2 cambierà la consulenza finanziaria. I professionisti allargheranno l’offerta commerciale e rafforzeranno la relazione con il cliente. La finanza comportamentale giocherà un ruolo importante. In studio Nicola Ronchetti, Business Director GfK Eurisko.
Dal 3 gennaio 2018 la relazione tra consulenti finanziari e risparmiatori entrerà in una nuova era. Sarà un giorno che farà da spartiacque per la vendita dei prodotti finanziari. Sarà il giorno in cui partirà la nuova direttiva europea MIFID2.
Da quel momento in poi, a banche e società di investimento saranno imposti maggiori obblighi informativi in termini di trasparenza sui prodotti offerti e relativi servizi e costi.
I risparmiatori avranno maggiori garanzie; più strumenti per comprendere che tipo di prodotti stiano comprando; quante e quali spese dovranno sostenere.
Le novità obbligheranno tutti i protagonisti del sistema a migliorarsi. Anche i risparmiatori dovranno imparare a dare il giusto valore alla consulenza ricevuta. Conoscendo la spesa complessiva dell’investimento e dell’impatto che questo avrà sui rendimenti, sarà la qualità della relazione del servizio ottenuto a fare la vera differenza.
Quale politica vincerà? Quella del prodotto che costa troppo o quella del “pago un professionista che mi segua, mi informi, mi consigli, mi educhi e che capisca le mie esigenze di vita, e che è giusto che guadagni per il tempo e per la cura che mi sta dedicando?”
Una sola parola: terrore. Nei consulenti finanziari, ovviamente. Grande paura perché tutti sanno che la normativa entrerà in vigore, quasi nessuno ne conosce le conseguenze sulla professione. Ne è venuto fuori un livello di consocenza della questione non significativo a livello di reti e di banche.
Ancora peggiore è la situazione dei clienti, che non sanno assolutamente di cosa si parli. Consob ha elaborato i dati di GFK, evidenziano una distonia percettiva tra i consulenti ed i loro clienti.
La MIFID2 dovrebbe essere vista come un’opportunità, non come una minaccia. Premierà quei consulenti che sono in grado di gestire la relazione col proprio cliente, e di valorizzare la propria attività. La ricerca però ci dice che c’è una scarsa conoscenza anche da parte di consulenti stessi sulla direttiva e, soprattutto, sui suoi effetti.
L’81% ne sa poco o nulla. E non parliamo di altri acronimi, tipo la PSD2…
Come detto, è un’opportunità. I consulenti dovrebbero cercare di uscire dalla loro “comfort zone”. Proporre servizi che consentano di gestire i clienti a tutto tondo. Quindi anche credito e credito al consumo, e perciò una consulenza più generale. In una logica “win-win” per consulente e cliente, ampliare la base di consulenza, facendosi quindi riconoscere un valore per la consulenza stessa.
Assolutamente sì. La direttiva non fa altro che sancire ciò che qualunque consulente bravo dovrebbe saper fare. Cioè un monitoraggio costante e quantitativo del profilo del cliente al portafoglio e viceversa.
L’elemento di cui tutti hanno timore è quello dell’esplicitazione dei costi. Però questi esistono. E quando un cliente guarda al costo, è perché manca la qualità del servizio. Se quest’ultima fosse alta, e ci fosse valorizzazione da parte dei consulenti, il cliente non baderà al costo. Vale a dire che lo metterà al secondo posto rispetto alla qualità del servizio che riceve.
Sicuramente. Ci sono più convegni che risparmiatori sul tema MIFID2. E’ un tema di stretta attualità, quindi se ne parla molto di più, a volte bene, a volte meno bene.
I consulenti finanziari, quindi, non devono temere niente, anche se hanno le paure sopra delineate. E non devono farlo nemmeno i clienti. Chi lavora bene, soprattutto, non deve temere proprio niente.
Il tema delle fee di consulenza, sempre esistito poiché sempre pagate, dovrà essere maggiormente esplicitato. Finora non è stato fatto, e la preoccupazione è proprio questa.
I consulenti prepareranno rendiconti, e dovranno far presente il tempo che dedicano al cliente. E dovranno essere pagati per questo in relazione alla professionalità che ci mettono.
Per quanto concerne i consulenti, nessuno è informato come quelli italiani. Ed anche la preparazione dei consulenti è superiore a quella di altri paesi. Ed è un’ottima notizia. Sicuramente questo accade perché il risparmio ed il relativo mercato sono molto importanti in Italia. Ed anche il sistema della distribuzione, nel nostro Paese, è molto evoluto. Quindi la qualità del servizio è mediamente molto elevata.
Non c’è dubbio. Già oggi c’è una forte, e sana, competizione, tra le banche tradizionali e le reti di consulenti. La MIFID2 aumenterà ancora di più questa buona competizione, ed il cliente ne potrà trarre molti vantaggi. Questo perché anche i bancari tradizionali dovranno essere molto più preparati di prima per affrontare questioni di risparmio con i clienti. Il tema delle formazione e della preparazione è infatti fondamentale per la direttiva.
Il consulente finanziario dovrà anche padroneggiare i principi di finanzia comportamentale. Sarà proprio grazie a loro che il cliente potrà evitare di ricadere in errori fatti in passato.
E’ lo studio dei comportamenti dei clienti finali, quindi dei piccoli investitori e risparmiatori, rispetto ai grandi eventi della finanza. Uno degli effetti più studiati è il cosiddetto “effetto gregario”. Si entra tutti sui mercati quando va tutto bene, e se ne esce quando tutto va male: si entra ai massimi e si esce ai minimi. Scelta più sbagliata, chiaramente, non si può fare.
Il consulente finanziario bravo deve indirizzare il proprio cliente a fare esattamente l’opposto. Per farlo, dovrà saper gestire la sua emotività. Quindi, consigliare di entrare sui mercati a sconto, per esempio, e capitalizzare quando le cose vanno bene.
Nel 2002, infatti, Kahneman ha vinto il premio Nobel, da psicologo, per i contributi psicologici alla scienza economica. E, di recente, anche Thaler ha vinto lo stesso premio per aver approfondito proprio questa questione. Questo, giusto per evidenziare l’importanza della finanza comportamentale oggigiorno.
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