Un presidente centrista ed europeista con grossi progetti di riforme in Francia, e la probabile rielezione del cancelliere tedesco Angela Merkel significano una nuova speranza per il progetto di moneta interrotto dell’Eurozona? Kenneth Rogoff, professore di economia e politica pubblica presso l’Università di Harvard, dà uno sguardo più da vicino alla questione.
Nel breve termine, sembra proprio che ci siano nuove speranze. Il recupero dell’eurozona ha superato le aspettative, e l’elezione di Macron ha portato la speranza che la Francia possa diventare una partner a tutti gli effetti della Germania nella governance dell’eurozona. Ma, nel lungo termine, è difficile osservare come l’euro possa continuare ancora per molto senza una integrazione politica ed economica decisamente più forte.
La Grecia, dopo una caduta del 25% del PIL pro capite, sta crescendo pochissimo. I guadagni reali degli italiani sono più bassi di 10 anni fa. E così via. Per l’Europa del Sud nel suo insieme, la valuta comune è stata una gabbia dorata, che ha forzato una rettitudine fiscale e monetaria. Per farlo, però, ha rimosso il tasso di cambio e l’inflazione come protezioni critiche contro shock inaspettati.
E per cosa? È da molto tempo che gli eurocrati paragonano l’integrazione europea all’andare in bicicletta; uno deve continuare a muoversi in avanti, o cadrà. Se è così, la prematura adozione della valuta comune, che molti economisti hanno sempre definito non necessaria per il successo dell’eurozona, è stata una deviazione nel cemento fresco.
La domanda ora è come manovrare l’Unione Europea fuori da questa palude. Sebbene molti politici europei siano riottosi ad ammetterlo, lo status quo attuale non è sostenibile. L’euro è sicuramente indirizzato verso un altro grande stress nella prossima decade. Questo stress potrebbe venire dalla Cina, o potrebbe essere una salita globale dei tassi di interesse. E l’eurozona non è assolutamente pronta ad affrontarlo.
Ma se i prospetti a lungo termine della regione sono così precari, perché i titoli di stato italiani a 10 anni rendono meno del 2% in più di quelle tedesche? Forse gli investitori ritengono che bailout provenienti dall’esterno salveranno la situazione; o che la mutualizzazione del debito sia (per loro fortuna) inevitabile. O forse stanno scommettendo che la nazioni del sud Europa siano sprofondate così tanto nel cemento che non ne usciranno, per quanti sforzi facciano per riuscirci.
Sia quel che sia, i leader dell’eurozona farebbero bene ad agire adesso, piuttosto che aspettare il momento della verità. Quanto possa durare l’ottimismo di oggi è una cosa che devono decidere Macron e la Merkel.
